La chiusura degli account di estrema destra è una grande vittoria, ma non so di chi.

Pubblicato il 10 Settembre 2019 alle 14:28 Autore: Nicolò Zuliani
La chiusura degli account di estrema destra è una grande vittoria, ma non so di chi.

Twitter e Facebook hanno chiuso gli account social di Casapound e di alcuni suoi esponenti. La folla gioisce, mentre i neofascisti gridano alla censura e inneggiano alla libertà di parola. È subito fumettino-di-Popper-time, a cui segue il controfumettino di Popper time, insulti e giuramenti di odio.

Cercando di respirare dal naso, è un discorso più complesso di quel che sembra. È giusto allontanare gli imam che predicano la jihad contro l’occidente? Sì, perché fanno apologia di reato e istigazione all’omicidio e al suicidio. Più o meno come tutti i commentatori di Chiara Ferragni, ma in maniera più elaborata e convincente.

Gli appartenenti a Casapound lo facevano?

Incitavano alla violenza? Mi viene in mente Luca Traini, ma mettiamo sia un caso isolato; in Italia l’apologia del fascismo è un reato grazie alla legge Scelba del 20 giugno 1952. Invece di citarla a caso (o in parte, come spesso succede con l’articolo 11) vediamo come Scelba definì il fascismo:

Quando una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, princìpi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista.

(Articolo 1, riorganizzazione del partito fascista)

Di tizi che pestano politici, mettono bombe, minacciano giornalisti o sfasciano vetrine ce n’è a falangi da entrambi gli schieramenti. Di propaganda razzista solo da una parte. Di “manifestazioni esteriori di carattere fascista”, solo da una parte.

Un giorno riuscirò a mettere le mani nei loro archivi.

Quel che mi fa riflettere è che Casapound protesta perché su di loro viene usato lo stesso metodo che predicava e praticava il partito fascista. Ricordiamo l’EIAR, o il fatto che con le leggi del ’25 La Stampa e Il Corriere della sera poterono sopravvivere solo a patto che avessero un direttore iscritto al partito, e comunque qualsiasi giornale prima di essere pubblicato doveva passare la censura. Il MinCulPop non era soltanto “fascio è bello”, erano soprattutto controlli e censura.

Ora vediamo, secondo Scelba, cos’è l’apologia del fascismo:

Chiunque fa propaganda per la costituzione di una associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità ideate nell’art. 1 è punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da lire 400.000 a lire 1.000.000. Alla stessa pena di cui al primo comma soggiace chi pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche. Se il fatto riguarda idee o metodi razzisti, la pena è della reclusione da uno a tre anni e della multa da uno a due milioni.

(Articolo 2, apologia del fascismo)

Anche qui, è un bel minestrone. Per trovare gente che pubblicamente esalta finalità antidemocratiche basta aprire un qualsiasi post dei vari capipopolo, leggere i commenti e trascrivere il nome. Di razzisti, poi, non ne parliamo; oltre a Facebook, basterebbe una telecamera 4k davanti a una qualsiasi curva dello stadio e il riconoscimento facciale per raccogliere manciate di persone che pubblicamente esaltano idee razziste.

Arriviamo così all’account social, che secondo la legge italiana è considerata stampa.

Anche prima dell’inizio dell’azione penale, l’autorità giudiziaria può disporre il sequestro dei giornali, delle pubblicazioni o degli stampati nell’ipotesi del delitto preveduto dall’art.4 della presente legge. Nel caso previsto dal precedente comma, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro dei giornali e delle altre pubblicazioni periodiche può essere eseguito dagli ufficiali di polizia giudiziaria, che debbono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore successive, farne denuncia all’autorità giudiziaria.

Bene. Ora, siccome io credo nel diritto e verso lo Stato ho una forte ammirazione, alzo le mani e ammetto che sì, è giusto l’autorità giudiziaria abbia tolto il diritto di parola a Casapound e ai suoi esponenti. Di mio avrei delle obiezioni, ma l’Italia è una donna che non puoi abbracciare quando è in ovulazione e ripudiarla quando è in premestruo; la ami per quello che è. Quindi, a discapito delle mie personali riflessioni, quel che lo Stato decide, quello dev’essere. Fine del discorso.

C’è qualcosa che dimentico?
Ah, sì.

Non è stata nessuna autorità giudiziaria a farlo.

Sono state due multinazionali straniere. Letteralmente, degli americani sono entrati nella nostra politica, nella nostra società e hanno detto che queste persone non hanno diritto di parola. Hanno scavalcato il parlamento e lo Stato italiano applicando su liberi cittadini una censura preventiva. E noi siamo contenti, no? Sono fasci. Però adesso c’è un precedente. Assange, nel suo libro, l’ha spiegato molto bene: cominceranno a silenziare quelli che ci stanno sui coglioni, quelli smaccatamente dalla parte del torto.

Poi quelli così così.
Poi sei fottuto.

Pian piano che una multinazionale tolga la parola a chi non rispetta una certa linea di pensiero diventerà normale; e questo, quando toccherà a te o a me, sarà un bel problema. Lo diceva anche Tiziano Terzani su Viaggio in Cina: il grande ideale di uguaglianza diventa che suo figlio vince una gara di corsa, ma viene fatto vincere un altro bambino per motivi politici.

Facebook e Twitter stanno già facendo esperimenti soft tipo lo shadowban, il reply deboosting, la delazione… ce n’è per tutti i gusti. Google può farti sparire dalla faccia della terra, o costringerti a pagare il pizzo per esistere. Patreon può liberamente decidere non solo di smettere di supportarti, ma anche di tenersi i soldi che ci sono dentro.

Di tutto questo, la sola cosa che mi rimbalza in testa è che nel 2019 un cittadino italiano è stato silenziato per le proprie idee da una multinazionale estera, che detiene il monopolio dell’informazione globale.

Qualcuno ha vinto, sì. Ma non so chi, o contro chi. Credo in ballo ci siano cose molto più grandi e importanti che ci stanno sfuggendo.

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L'autore: Nicolò Zuliani

Veneziano, vivo a Milano. Ho scritto su Men's Health, GQ.it, Cosmopolitan, The Vision. Mi piacciono le giacche di tweed.
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