Ignazio Marino a TP: “meno correnti, più merito”

Pubblicato il 9 Luglio 2009 alle 09:14 Autore: Lorenzo Pregliasco
Ignazio Marino, Pd

Proprio sulla questione morale: lei è d’accordo a chiudere le porte del Parlamento ai condannati?
«Questo è un discorso che mi può alienare qualcuno, ma io credo che il Parlamento debba avere una certa sacralità. Ci sono 60 milioni di abitanti nel nostro Paese, ne dobbiamo scegliere 900 per rappresentare il popolo italiano? Beh insomma, io terrei fuori i condannati, gli indagati, gli inquisiti, insomma 900 persone di specchiato curriculum personale e professionale».

Insomma, se ne troveranno 900 senza pendenze penali in corso.
«Guardi, basta andare in un condominio, tra le persone normali».

Discorso legge elettorale: il PD ha lungamente criticato il Porcellum, però chi andrà a votare alle primarie si troverà di fronte un sistema farraginoso e con liste bloccate.
«Io credo nella selezione dei rappresentanti della popolazione tramite meccanismi di primarie. Le persone devono poter esprimere il proprio parere perché altrimenti rivince il sistema delle correnti, delle divisioni, degli accordi, a volte anche poco trasparenti. Ma è vero che il sistema attuale è farraginoso e andrebbe modificato in alcuni aspetti: ne parleremo senz’altro al Congresso».

Le primarie andrebbero limitate ai candidati a cariche monocratiche (sindaco, presidente di provincia, di regione) o vanno bene anche per selezionare il segretario del PD?
«Vanno bene anche per il segretario del Pd. Vede, io credo molto nelle primarie e non nella cooptazione, trovo vergognoso che io e altri 900 parlamentari siamo frutto della scelta individuale di alcuni segretari di partito».

L’appoggio che ha ricevuto di cui è più orgoglioso?
«E’ quello di una donna, si chiama Tatiana e fa l’infermiera non specializzata: si occupa della cura delle persone in un ospedale del Veneto e mi ha scritto una lettera di due pagine dicendo quanto lei si riconosce nei miei principi di solidarietà, uguaglianza, diritti, attenzione agli altri esseri umani, rigore nel lavoro e nella professione qualunque essa sia. Questo è proprio lo spirito per il quale mi candido: dare voce a tutte queste persone che invece non riescono a riconoscersi in questo momento nei gruppi politici o nei propri rappresentanti in Parlamento».

Le faccio solo un nome: si è parlato di Sergio Chiamparino come possibile suo sostenitore. Conferma?
«Il sindaco Chiamparino e io ci siamo incontrati due giorni fa a Torino, abbiamo avuto un lungo colloquio e si è dimostrato interessato alle soluzioni che noi proporremo con la mia mozione. Mi ritrovo nel suo punto di vista, e cioè che dobbiamo cercare di fare di tutto perché questo non sia un congresso in cui si scontrano delle persone, ma in cui si confrontano delle idee. Gli italiani devono arrivare all’inizio di novembre sapendo con esattezza cosa pensa il PD su alcune cose: io sono convinto che in Italia ci sia una maggioranza che non si riconosce nei principi del centrodestra, ma non ha chiaro che cosa pensa su alcuni temi il Partito democratico».

Lei parla spesso di cultura del merito. Cosa significa questo per l’università italiana?
«Significa una regola molto semplice: se si compete per una posizione, questa deve andare a chi è più preparato. Io in famiglia non ho né medici né professori universitari, ma negli Stati Uniti ho avuto l’opportunità di arrivare a dirigere il più grande centro trapianti del mondo. In Italia questo non sarebbe stato possibile, restando qui potevo ambire, senza baroni o raccomandazioni, a fare il medico di pronto soccorso in un ospedale di provincia. Un lavoro duro e importantissimo, ma il problema sono le opportunità. Sull’università sono molto drastico: nel 1980 una legge pessima ha di fatto dichiarato professori a vita, con un maxiconcorso, quindicimila docenti. A vita, come il Papa. Bene, io dico: mettiamo in un database la produzione scientifica di questi quindicimila docenti, e chi in questi quasi trent’anni ha prodotto zero lo mandiamo in pensione».

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L'autore: Lorenzo Pregliasco