TP intervista Gioacchino Genchi – ESCLUSIVA

Pubblicato il 24 Luglio 2009 alle 12:58 Autore: Emanuele Rallo

Chi la avversa, a leggere le cronache, ha utilizzato contro di lei le parole del pm Ilda Boccassini(1), a cui i media hanno dato ampio spazio. Può spiegarci il suo punto di vista su questa vicenda?

 

La vicenda nasce da un contrasto che abbiamo avuto nella conduzione delle indagini di Caltanissetta allorché mi opposi al fermo di un indagato, Scotto (il quale successivamente fu assolto), per quanto riguarda la vicenda dell’intercettazione della sorella del giudice Borsellino, nella casa di via D’Amelio dove abitava anche la madre, e sulla “scaratterizzazione” di quella indagine: cioè nel momento in cui l’indagine si rivolse verso i mandanti esterni, occulti, di quella strage che non fu solo mafiosa, e si iniziò ad indagare su persone presenti nelle istituzioni, ci fu una “virata” al ribasso, per cui furono sopravvalutate le dichiarazioni di un collaboratore, Scarantino, nel tentativo di arrivare a dei risultati giudiziari che io reputo del tutto sbagliati. Scarantino dichiarò di avere partecipato ad una riunione di correnti di Cosa Nostra in cui la “cupola” aveva deciso di organizzare l’assassinio di Borsellino, la strage di via D’Amelio; ma chi conosce gli uomini di Cosa Nostra, chi ha conosciuto Scarantino, non può mai credere  a queste parole, perché è impensabile che i capi di Cosa Nostra possano aver ammesso Scarantino a partecipare ad una riunione; io credo che i capi di Cosa Nostra a Scarantino non avrebbero nemmeno consentito di fare il parcheggiatore all’esterno del luogo della riunione, perché in famiglia Scarantino si era dediti al furto d’automobili, erano ladri d’auto e nient’altro. Pensare che Cosa Nostra si affidasse a Scarantino significa volerle dare una patente di imbecillità che secondo me è infondata; è nelle collusioni con gli uomini delle istituzioni che va cercata la vera causale e le vere responsabilità di quell’attentato. Oggi, a distanza di quasi 17 anni, i fatti a quanto pare mi stanno dando ragione, perché i processi costruiti sulla base delle dichiarazioni di questo collaboratore stanno cadendo miseramente. Aggiungo che questa sopravvalutazione di Scarantino è una responsabilità che pesa tutta su quei magistrati che gli hanno creduto, magari anche in buona fede, perché altri magistrati molto più accorti e che meglio conoscevano le dinamiche di Cosa Nostra, e mi riferisco a quelli di Palermo, allorché Scarantino rese le sue dichiarazioni che coinvolgevano anche esponenti della mafia palermitana, nessun magistrato di Palermo lo ha mai preso sul serio; quindi io non riesco a capire come un pentito come Scarantino possa essere giudicato inattendibile a Palermo, dove avrebbe operato e dove è stato condannato insieme al fratello per furti d’auto, e venga invece sopravvalutato a Caltanissetta fino al punto da essere considerato nelle sentenze di ergastolo di alcune persone indicate come esponenti della “cupola”, mandanti o esecutori.

 

La storia delle stragi su cui è nata la Seconda Repubblica è tornata d’attualità proprio in questi giorni con le rivelazioni di Riina e Ciancimino jr. Lei è stato recentemente sentito dai magistrati in relazione alla strage di via D’Amelio, cosa ci può dire di nuovo rispetto a quella vicenda, e qual è la sua opinione sugli intrecci mafia-politica di quegli anni?

 

Rispetto a quello che ho detto ai magistrati non posso dire nulla di più, né posso dirvi quello che ho detto, e anche volendo non posso perché sono stato sentito per molte ore. Quello che posso dire è che vi sono degli elementi certi, incontrovertibili, che mi hanno visto mio malgrado testimone, che dimostrano che vi fu una trattativa tra lo Stato e Cosa Nostra, che ha portato alla volontà di delegittimare e bloccare l’operato di quanti stavano, ed io con essi, svolgendo seriamente delle indagini. Quello che avvenne in Italia tra fine dicembre ’92 e gli inizi di gennaio ’93 è la prova evidente di come la cattura di Riina sia stata un cavallo di Troia, un regalo per conquistare spazio e posizioni che poi sono serviti per portare avanti un disegno, che purtroppo secondo me è tracimato negli ulteriori segnali che Cosa Nostra ha dato allo Stato con le stragi di Roma, Firenze e Milano, proprio per reclamare una trattativa che probabilmente era già iniziata prima delle stragi del ’92 e a ridosso della sentenza del maxiprocesso. Cioè tutto inizia quando i boss di Cosa Nostra vengono sconfitti in Cassazione dopo aver ribaltato per molti anni in Cassazione l’esito dei processi; dopo quel fallimento iniziò il conto alla rovescia, ci furono le minacce, i segnali, i tentativi di dialogo, le stragi, e tutto quello che ha tragicamente segnato la storia d’Italia in quegli anni.

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