TP intervista Gioacchino Genchi – ESCLUSIVA

Pubblicato il 24 Luglio 2009 alle 12:58 Autore: Emanuele Rallo

Recentemente ci sono stati degli interessanti rinvii a giudizio a Catanzaro, sia per politici di entrambi gli schieramenti, sia all’interno della stessa Procura, la stessa che aveva contribuito fortemente alla messa in stato d’accusa sua e del pm De Magistris. Lei ha partecipato a queste ultime indagini? E questi rinvii a giudizio crede che siano un punto a favore delle posizioni sue e di De Magistris che dimostrano l’accanimento che avete subìto?

 

I rinvii a giudizio ci sono stati nei confronti di soggetti già individuati nel corso delle indagini, mi auguro che siano supportati da elementi adeguati, quali quelli che stavamo cercando e che abbiamo trovato con De Magistris sul loro conto. Perché fare il rinvio a giudizio perché si è indagati dalla Procura di Salerno nella gestione di questa indagine è come confezionare un grande uovo di Pasqua, molto bello con un bel fiocco, e dimenticare di mettere dentro una sorpresa. Il processo penale non è fatto di clamori, di rinvii a giudizio, di nomi altisonanti eccetera, ma di contenuti processuali. Tornando all’esempio dell’uovo di Pasqua, se lei ad un bambino ne regala uno enorme, fatto col migliore cioccolato del mondo, il bambino se ne fa poco dell’uovo e del fiocco: la prima cosa che cercherà è la sorpresa, e io mi auguro che dentro questi rinvii a giudizio vi siano le sorprese, e cioè le prove e gli elementi per far condannare queste persone. Se viceversa prelude ad una assoluzione o ad un proscioglimento, era meglio che non venisse fatto.

 

Il Tribunale di Roma ha stabilito che lei non ha violato la privacy di nessuno ed ha disposto la restituzione del materiale raccolto svolgendo il suo incarico di consulente per diversi magistrati. Cosa pensa dell’eco ridotto che ha avuto questa notizia, rispetto a quello avuto dal sequestro iniziale, e pensa che ora potrà riprendere il suo lavoro come prima?

 

Guardi, tutta la stampa che si è occupata di me fa parte di una stampa di regime, prezzolata dal potere, dal potere economico o dalla politica. In Italia non c’è un giornalismo libero, non a caso io sto facendo questa intervista con voi, non con i principali network; è dovuto venire un allenatore di calcio, per giunta straniero, per dire che in Italia c’è una stampa prezzolata, d’altra parte i giornalisti non possono dire male di chi li paga, di chi gli assicura le carriere, magari in Rai, sulla base di menzogne o di vera e propria prostituzione. Quindi è normale che coloro che mi avevano attaccato e “lapidato”, nel momento in cui i risultati hanno clamorosamente smentito l’impalcatura accusatoria fatta di fandonie e falsità orchestrate nei miei confronti senza alcuna accusa concreta, non ne abbiano parlato. La gente si sarebbe aspettata che io fossi colpevole di chissà quali reati, collusione con mafia, con massoneria, magari addirittura di pedofilia, tutto purché mi si trovasse colpevole di qualcosa. Quando invece è emerso che la mia sola colpa era stata quella di indagare sulle frequentazioni poco limpide di Mastella, piuttosto che di Rutelli, la gente non poteva non capire chi fossero le persone perbene e chi fossero i perseguitati. In tema di persecuzione, è chiaro che un potere giudiziario, sempre più avviluppato col potere politico, ed in concerto con il quarto potere che è quello della stampa, interviene spesso per creare questi “mostri” e per cercare di distruggere le persone che cercano di affermare in questo Paese maledetto un tantino di verità nel nome di una legge che sia uguale per tutti.

 

Considerando gli ambiti su cui ha svolto le sue indagini e le minacce che ha subito, ritiene oggi di essere in pericolo in qualche modo?

 

No guardi le minacce finora le ho ricevute solo dalla classe politica, dalle centrali di potere e dalla stampa collegata a queste, non le ho subite dalla mafia. Nel caso mio c’è stato un accanimento di delegittimazione e di minacce molto più perfido rispetto a quanto avviene con investigatori o magistrati minacciati o in seguito uccisi dalla mafia. Nel caso mio la criminalità si è rivolta ai politici per farmi “togliere di mezzo”, non c’è stato nemmeno bisogno che fossero i criminali stessi a scendere in campo, ecco perché non ho paura di morire, perché loro hanno cercato di “uccidermi” attraverso le loro amicizie in Parlamento, al Copasir, alla Rai, a Mediaset, per cercare di impedirmi di continuare a fare il mi lavoro, perché hanno capito che in alcuni processi (il processo a Dell’Utri, il processo a Cuffaro, il processo alle talpe di Palermo, ai carabinieri collusi del Ros) sono stati determinanti i miei contributi. Tutte queste cose fanno comodo ad un sistema che vuole la giustizia sommaria solo per gli extracomunitari, che vuole il carcere solo per chi sbarca a Lampedusa o per qualche spacciatore di borgata, perché persino per lo spacciatore che entra in centro storico e magari rifornisce spesso e volentieri qualche VIP, esiste una legge diversa da quella per lo spacciatore di borgata. Io nel mio lavoro non mi sono mai abbassato a questa logica del considerare la “carica” degli indagati e ho lavorato con dei magistrati che hanno fatto sempre e solo il loro dovere. Tutto questo in Italia non è possibile, quando c’è un sistema come quello che si è instaurato.

 

Note:

http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Italia/2009/01/boccassini-fuori-lui-io.shtml?uuid=7ae9bfd2-eb7a-11dd-804c-e23a7a132034

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