Clelia – Perché merito di vivere

Pubblicato il 17 Aprile 2020 alle 18:45 Autore: Nicolò Zuliani

Clelia ha una storia che l’ha segnata parecchio, nella sua vita. Meriterà una seconda possibilità?

Clelia – Perché merito di vivere

Seduti in salotto dopo cena, Rosa si accomoda sulla bergere con un sorriso compiaciuto. Hanno tutti preso posto: Jackson e le ragazze sui divanetti, Xeni dietro al bancone in fondo. Solo Clelia è in disparte, e passa la mano sul vetro della finestra.

«Si devono rompere per forza» mormora «È perlopiù diossido di silicio. A livello di struttura non è possibile resista all’impatto con un martello. E se provassimo col fuoco?»
«Che stai farneticando?» domanda Guido.
«Fosforo bianco, termite… dipende quello che trovo in casa. Il problema è che qui dentro abbiamo ossigeno limitato.»

Guido si volta verso le altre: «Ma parla da sola?»
Andrea stringe le spalle.

«Scusa, e dove le trovi la… le termiti?» le grida Consuelo.
«La faccio. Per la termite bastano domopak e della ruggine, anche quella si può fare con un po’ di tempo» fa Clelia, grattandosi la testa «Il fosforo bianco è più complicato, prima dovrei fare l’esametafosfato di sodio. Ma son discorsi inutili, moriremmo asfissiati. E non sono materiali che spegni con una secchiata d’acqua.»
«Ecco, io non ho intenzione di morire bruciata viva.»
«La temperatura non è un problema.»
«Ah, no? Tra tanga di pizzo e frustini qui dentro avete tute ignifughe?» fa Guido.

«Va bene, Clelia, mi hai convinto» allarga le braccia Rosa «Vieni qui, siediti, prendi un bicchiere di vino e raccontaci perché meriti di vivere.»

Clelia lancia l’ultimo sguardo al vetro, poi raggiunge il centro del salotto: «Per rispondervi, devo raccontarvi una storia. È parecchio conosciuta nelle facoltà di CTF, ma il grande pubblico nemmeno sa che esiste. I protagonisti sono un parrucchiere, Maurice Ward, e uno youtuber di nome NightHawk in light.»

«Andiamo bene» geme Guido.

«Siamo a cavallo tra i ’70 e gli ’80. Ward di giorno cotona i capelli delle signore, ma di sera si diletta con la chimica. Ha un piccolo laboratorio in garage, niente di che, ed è ignorante di parecchie regole e principi. Una notte fa una scoperta pazzesca. Sono gli anni in cui il materiale ignifugo per eccellenza è l’amianto, avete presente? Bene, Ward inventa un materiale capace di resistere e schermare temperature fino a 10,000°C. Fa dei test, migliora la formula, e alla fine battezza il materiale “Starlite”. Si fa un video e lo manda a una trasmissione dell’epoca, Tomorrow’s world. Loro restano allibiti e ci fanno una puntata.

Apriti cielo: arriva la BBC con gli scienziati veri, le aziende d’armamenti, quelli della NASA. Lui accetta senza problemi di sottoporre il suo materiale a qualsiasi test vogliano, ma non di lasciarglielo. Uno dopo l’altro, NASA inclusa, restano allibiti. La Starlite funziona. La avvolgi attorno a un uovo, lo butti in mezzo alle braci per mezz’ora, poi lo tiri fuori: la Starlite è fredda, l’uovo dentro è crudo. Non è un truffatore: è uno che per sbaglio ha scoperto qualcosa di gigantesco, in grado di salvare chissà quante vite. Di cambiare il mondo.

Ma Ward si tiene stretta la formula.

Per venderla chiede miliardi di dollari e il 51% dei profitti sulla commercializzazione, una somma talmente spropositata che a nessuno conviene accettare. Che diavolo, se c’è riuscito un parrucchiere a creare una cosa simile, vuoi che le migliori aziende con reparti ricerca e sviluppo non siano capaci di replicarla? Ci provano per anni, ma non gli vanno neanche vicino.

La figlia di Ward si lascia sfuggire che la Starlite è addirittura edibile, e che l’hanno data da mangiare a cani e cavalli. Allora è organica? Non si sa. Non si saprà mai. Ward muore nel 2011 e lascia la formula alla famiglia, che la vende a molto, molto meno nel 2013 a un’azienda, la Thermashield, che non la mette mai in commercio.»

«Come sarebbe?» salta su Gaia «Perché no?»
«Perché se la metti in commercio il giorno dopo la prendono, la studiano e ne escono trenta uguali» fa Guido «L’hanno comprata per toglierla dal commercio.»

«Esatto!» esclama Clelia «Ma ci pensate? Lo scudo degli shuttle, l’interno delle macchine, le carlinghe degli aerei, le tute dei pompieri… quante vite umane puoi salvare, con quella roba? Migliaia?»
«Milioni» mormora Andrea «Dio mio, pensa solo al terzo mondo. Ma è vera questa storia?»

«Sì. E poi arriva lo youtuber» fa Clelia «Un tizio dall’aria sfigata con lo stesso hobby di Ward. Prende amido di mais, bicarbonato e colla, li mescola fino a farci una pastella e voilà; ha fatto la Starlite. Non ci ha fatto un soldo, l’ha regalata al mondo così, con un video che fa a malapena un milione di visualizzazioni. Altri hanno provato a replicarlo, e funziona. Nemmeno la termite riesce a penetrarlo. Ecco, è questa storia che mi ha sempre tormentata.

Ossessionata, quasi.

Studi, prendi specialistiche, entri in grandi aziende, rinunci a qualsiasi vita sociale, diventi un topo di laboratorio senza amici, senza amori, senza niente… e poi la Storia ti passa davanti così, come una macchina che prende la pozzanghera. Allora sai cosa? Mandi tutto all’aria, vuoi quello che ti sei sempre negata! L’amore, il sesso, gli amici, ma non c’è un cavolo di libro che ti spieghi come fare, e ormai sei fuoricorso alla tanto vituperata università della vita» finisce Clelia, guardando la finestra.

Rosa le lascia prendere fiato, poi: «Perché meriti di vivere, Clelia?»
«Per tornare in laboratorio» fa lei, passandosi in fretta la mano sugli occhi «Voglio trovare la mia Starlite. Almeno provarci.»

«IIIIIL COCKTAIL» dice Xeni, appoggiando il vassoio d’argento con dieci coppe Martini piene di un liquido color noce «Nientemeno che l’Alexander. Lo possiamo definire il Re dei dopocena, con oltre duecento anni sul groppone non è invecchiato di un giorno. Fatto bene, non come lo trovate nei bar lì fuori. Base cognac, panna fresca, crema di cacao e un velo di noce moscata – senza il quale è un cocktail sprecato.

Dolce e malinconico come il ricordo del natale da bambini, quando ancora non sapevamo che la vita prende strade tutte sue. Se parlo a voce un po’ così è perché mi sono già inciuccata da sola col cognac. Salute.»

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L'autore: Nicolò Zuliani

Veneziano, vivo a Milano. Ho scritto su Men's Health, GQ.it, Cosmopolitan, The Vision. Mi piacciono le giacche di tweed.
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