L’acqua pubblica secondo il PD

Pubblicato il 5 Novembre 2010 alle 12:30 Autore: Matteo Patané
acqua

Le concessioni autorizzate dalle Aato potranno cadere in mano a enti pubblici, privati o misti, e in questo passaggio ha quindi ragione il comitato referendario ad affermare che la proposta di legge del Partito Democratico non costituisce un impedimento alla privatizzazione.
Una percentuale delle tariffe, inoltre, verrà destinata ad un fondo di perequazione, gestito dall’Autorità, utilizzato per gli interventi necessari sulla rete idrica allo scopo di garantire ovunque il raggiungimento degli standard minimi di servizio. Vi sono poi infine alcuni provvedimenti di corollario, come l’introduzione di tariffe agevolate per i redditi più bassi e per le famiglie numerose.

Il PD non chiude quindi alla gestione privata, come il comitato referendario, né la impone, come la legge approvata dal centrodestra. La scelta della società di gestione spetta alla Aato, secondo gli obiettivi da essa stessa prefissati e con le metodologie di trasparenza previste dalla legge (Art. 9).

Ideologicamente la proposta democratica si pone quindi lontana dalla proposta di iniziativa popolare depositata alla Camera: la gestione del servizio idrico può essere utilizzata come fonte di profitto, può essere demandata all’iniziativa privata ed, essendo un servizio, è soggetta ad una tariffa che va al di là della semplice copertura dei costi.

Sulla carta il ddl del PD risulta essere, tra i tre, quello meno ideologico e più liberale: sono le comunità locali, ciascuna con le proprie esigenze, a scegliere la forma di distribuzione dell’acqua più efficiente; sono le comunità locali a scegliere la tariffa massima che un cittadino può pagare per tale servizio, e il profitto di un’azienda, non potendo agire liberamente sul costo all’utente finale, deve passare necessariamente dall’efficienza; è un’Autorità nazionale, infine, a valutare la qualità del servizio sia dei gestori sia delle Aato e a definire gli standard minimi che devono essere garantiti ai cittadini.
Proprio tale delega alle comunità locali, tuttavia, rende il ddl più debole rispetto alla proposta di legge del comitato referendario: da un lato abbiamo infatti una legge che fissa parametri precisi, dall’altra una legge che stabilisce che tali parametri devono essere decisi da un’assemblea.
L’Autorità saprà agire in maniera imparziale, essendo composta in parte da persone indicate dal mondo politico nazionale ed in parte da rappresentanti delle amministrazioni locali, senza presenze da parte della società civile? Non si rischia di mettere nel ruolo di controllori persone che hanno interessi nel campo della gestione dell’acqua, solo perché hanno gli agganci giusti?

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L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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