La crisi accelera e la Seconda Repubblica traballa
A fronte degli odierni aspri contrasti, ancor di più si rende evidente la grande delicatezza che presenta una valutazione dei presupposti che possono legittimare l’interruzione del mandato elettorale. Non a caso, in tal senso la Costituzione prevede che il potere di scioglimento anticipato possa essere esercitato solo dopo aver sentito il parere dei Presidenti delle Camere, i quali, pur non esprimendo evidentemente un parere vincolante, possono autorevolmente rappresentare al Presidente della Repubblica le opinioni prevalenti nelle rispettive assemblee e all’interno dei gruppi parlamentari che vi operano. Alla luce di ciò si spiegano, da un lato, i richiami dal Colle rispetto a quell’“entrata a gamba tesa” del Governo che, probabilmente stizzito dall’evoluzione delle cose di questi ultimi giorni, aveva invocato lo scioglimento in caso di mancata fiducia, dall’altro l’incontro di martedì pomeriggio tra il Presidente della Repubblica e i Presidenti di assemblea, Fini e Schifani. I passi successivi saranno primariamente quelli di definire le scadenze parlamentari inderogabili e assicurare quindi il via libera alla legge di stabilità e bilancio: solo dopo si affronterà la crisi.
Infine, scioglimenti ad personam a parte, la crisi accelera e la soluzione non è dietro l’angolo. Dato certo è l’emergenza democratica e la degenerazione di un sistema che nasce anche dalla legge elettorale definita porcellum. Riforme istituzionali coerenti e di ampio respiro appaiono oggi più che mai necessarie ed urgenti: tra ipotesi di ritorno al proporzionale e nascita di un terzo polo, la crisi del Governo segna una battuta d’arresto del bipolarismo e, chissà, l’apertura di nuovi scenari da Terza Repubblica.