Come funziona la prescrizione dei reati in Italia e cosa dice il Codice

Pubblicato il 7 Settembre 2020 alle 11:28
Aggiornato il: 2 Ottobre 2020 alle 17:45
Autore: Claudio Garau
Come funziona la prescrizione dei reati in Italia e cosa dice il Codice

Come funziona la prescrizione dei reati in Italia e cosa dice il Codice

Se ne parla non di rado nelle notizie giornalistiche che hanno a che fare con processi, imputati e illeciti anche di una certa gravità: stiamo parlando della prescrizione dei reati in Italia. Qui di seguito vogliamo vedere da vicino che cos’è la prescrizione, ovvero come funziona e perchè serve. Ecco i dettagli.

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Prescrizione dei reati: di che si tratta? Le finalità

La prescrizione dei reati (art. 157 Codice Penale) consiste in un istituto che fa scattare l’estinzione del reato a prescindere dall’accertamento della colpevolezza dell’autore del reato stesso. In altre parole, un illecito penale non può più essere sanzionato se trascorre un determinato lasso di tempo dalla sua commissione.

Diverse le ragioni o esigenze che hanno condotto il legislatore a disciplinare la prescrizione, non senza un acceso dibattito e confronto politico. Vediamole in sintesi:

  • anzitutto, è inopportuno ed inutile punire soggetti che possono essere cambiati rispetto all’epoca dell’illecito, magari ormai coperto dall’oblio; tecnicamente, insomma viene meno la necessità della funzione repressiva, perchè ormai dissolte le esigenze di prevenzione generale;
  • non è rispettoso dei diritti dell’individuo, imporre ad un soggetto di restare sotto il vaglio della magistratura, e quindi del sospetto da parte della collettività, per troppo tempo. E’ necessario insomma decidere sulla colpevolezza o meno, in tempi ragionevoli;
  • le stesse prove testimoniali e per documenti – se passato molto tempo dal fatto di reato – diventano di sempre più ardua individuazione.

Gli interventi del legislatore nel corso del tempo ed il principio generale

Il legislatore è intervenuto più volte in tema di prescrizione, con modifiche che oggi hanno reso questo istituto diverso da quello originariamente disciplinato dall’art. 157 del Codice Penale. Ricordiamo che l’ultima legge che ha inciso in materia, è stata la nota “riforma Bonafede“, ovvero la legge n. 3 del 2019, in vigore dal primo gennaio 2020, e di cui abbiamo già parlato qui. Ma non è stato il solo intervento degno di nota, da parte del Parlamento: meritano di essere quanto meno menzionate la legge n. 103 del 2017 che ha apportato modifiche anche all’ordinamento penitenziario, e la legge n. 251 del 2005, disciplinante tra l’altro modifiche in materia di attenuanti generiche e di recidiva.

Come detto sopra, le regole che si sono succedute ed aggiunte nel tempo, hanno modificato l’assetto sostanziale della prescrizione delle origini; ma l’art. 157 contiene tuttora, al primo comma, il principio generale in tema, il quale afferma: “La prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria“. I commi che seguono nello stesso articolo si occupano di dettagliare il meccanismo di funzionamento della prescrizione in oggetto.

Non a tutti gli illeciti penali si applica la disciplina sulla prescrizione, dato che ai reati per i quali è prevista la sanzione dell’ergastolo (e un tempo anche la pena di morte) anche come effetto dell’applicazione di circostanze aggravanti, sono imprescrittibili. Rimarchiamo altresì che il settimo comma dell’art. 157 citato, prevede esplicitamente la possibilità per l’imputato di rinunciare alla prescrizione. Tuttavia, tale rinuncia – come acclarato dall’autorevole giurisprudenza della Corte di Cassazione – deve essere espressa e formalizzata, non potendo dunque essere dedotta da comportamenti concludenti dellì’imputato.

Attenzione però a non confondere la prescrizione dei reati con la prescrizione delle pena, che attiene invece all’estinzione della sanzione per decorso del tempo: della cui differenza ci siamo già occupati qui.

I termini di prescrizione

Così come indicato all’art. 157 c.p. i termini di prescrizione dei reati non sono prestabiliti in maniera assoluta, ma cambiano in base alle ipotesi: come recita l’articolo menzionato, essi sono pari alla durata della pena edittale massima prevista dalla legge per ogni singolo reato. Comunque, la prescrizione non può essere al di sotto dei sei anni per i delitti e a quattro anni per le contravvenzioni. Se per un dato illecito penale, la legge dispone pene differenti da quella detentiva e da quella pecuniaria si applica il termine di tre anni, mentre quando stabilisce congiuntamente o alternativamente la pena detentiva e la pena pecuniaria ai fini del computo della prescrizione si ha riguardo soltanto alla pena detentiva.

Inoltre, oggi il metodo di calcolo della prescrizione, a differenza di ciò che avveniva prima del 2005, non dà più rilievo alle circostanze, salva l’ipotesi tecnica in cui ricorrano aggravanti autonome o ad effetto speciale, nel qual caso si considera l’aumento massimo di pena previsto per l’aggravante.

Il calcolo della prescrizione funziona diversamente in ipotesi di reati di particolare gravità: infatti, in materia di omicidio stradale o di sequestro di persona a scopo di estorsione, tale calcolo prevede un lasso di tempo “raddoppiato” rispetto all’ipotesi generale.

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Concludendo, vediamo ancora un aspetto che non può essere tralasciato, ovvero: da quando decorre la prescrizione dei reati? in altre parole, da quale momento bisogna iniziare a computare il cosiddetto termine di prescrizione? La risposta è nell’art. 158 del Codice Penale (dal titolo “Decorrenza del termine della prescrizione“), secondo cui occorre distinguere tra tra reato consumato, reato tentato e reato permanente: nella prima ipotesi il termine di prescrizione decorre dal giorno della consumazione dell’illecito; nella seconda ipotesi dal giorno in cui è venuta meno l’attività del colpevole; nella terza ipotesi dal giorno in cui è terminata la permanenza.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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