Economia, proposte di destra e di sinistra
Il centrosinistra risponde con il ripristino degli incentivi fiscali sulle energie rinnovabili così come presentato dal Governo Prodi, e con la ripresa del processo di liberalizzazioni avviato dall’allora Ministro dello Sviluppo Economico Pierluigi Bersani. A tale proposito, nel PD è attualmente in fase di realizzazione una lenzuolata di quarantuno proposte di liberalizzazioni, da presentare in Parlamento come controproposta alla modifica dell’articolo 41 della Costituzione voluto da Berlusconi.
Sicuramente nel PNR del PD spicca l’assenza di richiami alle infrastrutture, spia del contrasto che ancora vige nel partito sulla realizzazione di alcune opere controverse come la TAV; d’altra parte nel centrodestra l’assenza di qualsiasi politica volta a favorire la concorrenza induce serie riflessioni sulla reale portata liberale dell’opera di governo della compagine berlusconiana.
In entrambi i casi sono indubbiamente le esigenze di bilancio a ridurre drasticamente l’ambito di azione delle proposte di riforma, pertanto è da ritenersi corretta una lettura che vede nelle proposte elencate solo le priorità dell’azione riformatrice e non il completo elenco delle proposte di intervento.
Istruzione
Qui è solo il governo a dedicare una voce specifica, articolata in un piano per l’edilizia scolastica, un sistema di premi per i docenti più meritevoli ed una rete di prestiti a lunga durata e basso interesse per gli studenti più dotati.
Se da un lato è vero che il PD ha presentato a sua volta documenti specifici sul tema della scuola e dell’istruzione, l’assenza di una voce specifica nel suo PNR ne evidenzia una mentalità troppo a compartimenti stagni, incapace di vedere la necessaria compenetrazione tra i vari ambiti della vita del Paese e il loro apporto al suo sviluppo economico.
Europa
In quest’ultimo caso è invece il Governo ad essere colpevolmente assente. Il Partito Democratico elenca una lista puntuale di proposte da sottoporre alla UE: la creazione di obbligazioni europee, garantite da tutti gli Stati, da utilizzarsi sia come fonte di finanziamento in modo da svincolare finanziariamente l’Unione dalle economie statali, sia come sistema di difesa contro gli attacchi speculativi alle economie nazionali; la definizione di uno standard retributivo europeo tra salari e produttività, in modo da allineare su questo punto i paesi della UE e limitare i fenomeni di delocalizzazione; piani europei per occupazione, ambiente e innovazione, finanziate attraverso gli eurobond e quindi con reale possibilità di applicazione indipendentemente dalla volontà dei singoli Stati.
L’assenza di proposte a livello europeo dal piano del Governo è ovviamente motivata dal fatto che si tratta di proposte che non hanno alcuna garanzia di essere messe in atto e su cui il Governo Italiano ha naturalmente poco controllo; diventano tuttavia molto interessanti nell’ottica di comprendere la posizione sul tema delle forze politiche, in questo caso del solo centrosinistra. Come sempre, l’ala progressita del Paese si mostra fortemente europeista, e la proposta di dotare la UE di strumenti finanziari sovranazionali va nella direzione di indebolire la rete di veti e interessi delle entità nazionali che troppo spesso legano l’azione dell’Unione.
I due piani si presentano quindi in massima parte antitetici, e riflettono chiaramente le differenti vedute tra conservatori e progressisti in campo economico e ruolo dello Stato. Destra e sinistra, in Italia, paiono quindi ancora voler dire due cose realmente differenti, a scapito di chi lamenta un’irrefrenabile degenerazione della nostra classe politica verso un modello unico di riferimento, con scontri alimentati ad arte al solo scopo della conservazione del potere.
(Blog dell’autore: Città Democratica)