Avviso bonario: si può impugnare e cosa può fare il ricevente

Pubblicato il 19 Ottobre 2020 alle 12:20 Autore: Claudio Garau
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Avviso bonario: si può impugnare e cosa può fare il ricevente

Non sempre il contribuente si pone al riparo da controlli e verifiche da parte del Fisco: talvolta, può ricevere direttamente un avviso bonario direttamente alla propria residenza che, se non osservato nei suoi contenuti potrebbe condurre all’emissione di una cartella esattoriale. Ma il cittadino può tutelarsi contro detto avviso bonario? ovvero, può contestarne di fatto i motivi che hanno condotto a redigerlo e ad indirizzarlo contro di lui? Cerchiamo di capirlo di seguito.

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Avviso bonario: di che si tratta?

Prima di focalizzarci su come il cittadino contribuente può eventualmente opporsi all’avviso bonario, dobbiamo spendere qualche parola su quest’ultimo. Che cos’è di preciso? Ebbene, altro non è che un comunicazione con cui l‘Agenzia delle Entrate informa il contribuente del controllo compiuto sulla sua dichiarazione dei redditi, evidenziando imposte e contributi che non risultano pagati. Allo scopo di accertare il pagamento delle imposte sui redditi, il Fisco utilizza procedure automatiche, che verificano le dichiarazioni rese dai contribuenti (sia per le imposte sui redditi che per l’Iva), con iter di controllo standardizzati, e che consentono di rilevare celermente le irregolarità.

L’avviso bonario non è dunque sinonimo di cartella di pagamento o esattoriale, ma piuttosto una semplice comunicazione scritta, che può essere annullata o rettificata su spinta del contribuente, se ritiene di essere in regola con gli obblighi verso l’Agenzia delle Entrate.

L’invio della lettera contenente un avviso di questo tipo è tutt’altro che infrequente, giacchè spesso artigiani, negozianti o liberi professionisti in generale si vedono recapitare a casa la citata comunicazione. In cima vi si trovano scritte le parole “Comunicazione di irregolarità”, ovvero la segnalazione che secondo il Fisco, qualcosa – nei rapporti con il contribuente in questione – non torna e che la dichiarazione dei redditi ha qualche anomalia. Risultato: con l’avviso bonario in questione, l’Amministrazione Finanziaria domanda di versare una certa somma, per saldare e risolvere l’anomalia. Al contribuente la scelta di attivarsi entro 30 giorni dal ricevimento per pagare le maggiori imposte. Ma è ammesso anche il versamento di 8 rate trimestrali, che in alcune ipotesi possono diventare 20 rate bimestrali. Per questa via, l’interessato potrà contare su sanzioni ridotte.

Così, in ipotesi di imposte non versate, il contribuente dovrà compiere il versamento, servendosi del modello F24 compilato come il fac-simile in genere allegato all’avviso bonario, inclusivo di imposte non pagate, interessi e sanzioni ridotte, per l’applicazione del cd. ravvedimento operoso.

Se il contribuente non rispetta i contenuti dell’avviso e non si adegua, si troverà di seguito innanzi ad una cartella esattoriale, anch’essa inviata alla propria residenza: in tali circostanze, la situazione si complica, poichè detta cartella comporterà la possibilità di attivare l’iter di riscossione coattiva e i correlati pignoramenti, con conseguenze economiche ben più gravi.

Come il contribuente può difendersi?

Nei casi più banali, collegati alla presenza di errori formali come, ad esempio, l’errata indicazione dell’anno di imposta o del codice tributo, può succedere che l’Amministrazione Finanziaria domandi al contribuente imposte in verità già pagate regolarmente. In queste circostanze, sarà sufficiente recarsi entro 30 giorni dalla ricezione della lettera presso una qualsiasi sede dell’Agenzia delle Entrate e esibire la documentazione che comprova la correttezza della propria dichiarazione e delle operazioni svolte.

In alternativa, il contribuente può rapportarsi direttamente all’Agenzia delle Entrate tramite il canale telematico di assistenza Civis, uso della Pec, chiamando il numero verde ad hoc – 800.90.96.96 per telefono fisso e 0696668907 per cellulare – oppure, come detto, può recarsi negli uffici. Se il Fisco condividerà la ricostruzione degli elementi, effettuata dal contribuente, potrà ridurre o anche annullare la richiesta di pagamento di cui all’avviso bonario. Come si può notare i rimedi-base non mancano al contribuente, che potrebbe dunque vedere celermente accolte le proprie ragioni.

Tuttavia, ci si domanda qui se il contribuente può opporsi all’avviso bonario con vero e proprio ricorso innanzi alla Commissione Tributaria, contestandone le ragioni o il merito e chiedendone l’annullamento. Ovvero ci si chiede se il cittadino può difendersi da una pretesa da lui ritenuta infondata, impugnando l’atto in oggetto. Se poniamo attenzione alle leggi in materia, la risposta sembrerebbe negativa, ma la giurisprudenza più recente ha aperto un varco sul tema e ha già ammesso la possibilità di impugnare un avviso bonario. E’ chiaro che se il contribuente può contestare da subito la pretesa del Fisco, è messo nelle condizioni di non doversi trovare di fronte a successivi atti esecutivi: potrebbe dunque affrontare il problema subito alla radice, risolvendolo in più breve tempo rispetto all’ipotesi dell’impugnazione della cartella esattoriale, ovvero l’atto successivo della riscossione.

Si può fare ricorso al giudice tributario?

Talvolta, al di là di modifiche e correzioni parziali delle somme dovute, il ricorso potrebbe sembrare al contribuente il solo modo per uscire da una situazione gravosa e per non pagare alcun euro in relazione ad un atto che si ritiene infondato. Come sopra accennato, le norme fiscali vigenti non citano l’avviso bonario tra gli atti tributari che possono essere impugnati  in sede giurisdizionale. Anzi le elencazioni previste nelle leggi sono tassative e non ammettono dunque ricorsi su atti diversi da quelli citati in norma.

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Tuttavia, come accennato, la giurisprudenza recente pare schierarsi prevalentemente dalla parte della tesi per cui anche gli avvisi bonari possono essere oggetto di contestazione e ricorso innanzi alla Commissione Tributaria. Ciò in quanto è da ammettersi l’impugnabilità degli atti che, sebbene non siano di natura tributaria in senso stretto (sono appunto delle “comunicazioni di irregolarità”), comunque informino il contribuente della sussistenza di una pretesa tributaria già ben delimitata, nonostante non si possa ancora parlare di cartella esattoriale. E su questa linea si trova anche una recentissima ordinanza della Corte di Cassazione, che ammette la deroga per gli avvisi bonari “in ragione dei principi costituzionali di tutela del contribuente e di buon andamento della Pa“.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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