Primarie, un passo falso?

Pubblicato il 9 Novembre 2012 alle 10:11 Autore: Matteo Patané
primarie

La seconda novità è il doppio turno: nel caso in cui nessun candidato riesca a raggiungere il 50% dei voti validi si terrà un ballottaggio ad una settimana di distanza dal primo turno, che coinvolgerà i due candidati più votati al primo turno. Anche in questo caso si tratta di un appesantimento delle operazioni, che rischia di creare una stanchezza verso l’impianto in sé e causare un allontanamento dalle urne tra il primo ed il secondo turno.

Entrambe le novità apportate alle primarie del centrosinistra, dunque, paiono essere di ostacolo alla partecipazione, e quindi un atto di sostanziale autolesionismo, così simile ai tanti che i progressisti italiani hanno commesso nel corso degli anni. Eppure l’evidenza del danno, in questo caso, è talmente palese da escludere un peccato di ingenuità o scarsa valutazione delle conseguenze, e richiede un’analisi più approfondita sulle motivazioni che hanno condotto a simili scelte.

Come evidenziano i principali sondaggi, malgrado i candidati siano cinque la corsa per la vittoria pare ad oggi essere appannaggio di due soli concorrenti, Bersani e Renzi, con il primo in vantaggio sul secondo ma con un margine che a seconda della rilevazione sondaggistica appare piuttosto variabile e sicuramente al di sotto dei margini di tranquillità.
Matteo Renzi, con le proprie istanze di rinnovamento – anzi, di rottamazione – e con un programma border-line sul lato destro della coalizione si è ritagliato uno spazio consistente tanto nelle simpatie del popolo di centrosinistra quanto soprattutto nei media, ed è oggi indubbio che una sua vittoria sposterebbe nettamente verso destra l’intero profilo della coalizione progressista.
Le primarie del centrosinistra, come è noto, sono aperte a tutti, e questo include naturalmente anche eventuali elettori di centrodestra delusi dalla propria coalizione che vedono in Renzi un nuovo appiglio per le proprie istanze e le proprie idee. Vi è tuttavia un’implicazione sottesa in questo ragionamento, ovvero che coloro che votano alle primarie votino poi realmente il centrosinistra alle elezioni. Proprio perché questa implicazione si basa sulla buona fede e sull’onestà dei partecipanti, le primarie sono uno strumento di partecipazione democratica estremamente fragile, in quanto non vi è nulla che ne impedisca il boicottaggio, ovvero la partecipazione di persone o movimenti che desiderano lanciare una propria OPA sul centrosinistra, oppure desiderano votare per il canditato che avrebbe meno probabilità di imporsi alle elezioni, oppure, essendo di un’altra parte politica, desiderano semplicemente scegliere il candidato che riterrebbero essere il meno peggio qualora vincesse e approdasse al Governo.
In tutti questi casi è evidente che il candidato che emerge dalle primarie non sarebbe più il preferito degli elettori di centrosinistra, ma una persona scelta da una platea più ampia sulla base di caratteristiche che non sempre risultano essere positive ai fini della vittoria elettorale.
È opportuno precisare che nei precedenti appuntamenti elettorali non sono mai state prese contromisure per questo tipo di boicottaggi, né sono mai emerse notizie di un condizionamento pesante dell’esito delle primarie da parte di formazioni avverse: perché dunque oggi questo timore viene preso tanto sul serio? E le strategie individuate servono davvero a evitare la contaminazione delle consultazioni?

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L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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