Primarie, un passo falso?

Pubblicato il 9 Novembre 2012 alle 10:11 Autore: Matteo Patané
primarie

In tutte le primarie del passato sicuramente vi erano candidati più moderati e candidati più estremisti, ma è anche vero che – per ragioni storiche e personali – nessun candidato ha mai avuto un contatto diretto con l’elettorato del PdL come Matteo Renzi. Al di là dell’endorsement nientemeno che di Silvio Berlusconi, che può facilmente essere visto come un gioco politico di destabilizzazione delle consultazioni, è vero che Renzi riesce a fare facilmente breccia nell’elettorato di centrodestra e a conquistarne le simpatie.
A rigore, questo non dovrebbe essere motivo di chiusura: i delusi del centrodestra che vogliono partecipare alle primarie sono e devono essere più che benvenuti e incoraggiati alla partecipazione; il problema, o meglio i problemi, si pongono proprio nelle modalità di questa partecipazione, una sorta di cultura delle primarie forse per la prima volta messa a dura prova.
Per persone che si avvicinano per la prima volta al centrosinistra, magari proprio grazie a Renzi, varrà il vincolo di votare centrosinistra indipendentemente da chi vincerà le primarie? In che modo distinguere coloro che votano Renzi perché vorrebbero un centrosinistra disegnato sulle sue idee da coloro che intendono utilizzare Renzi piuttosto come un grimaldello con il solo scopo di destabilizzare o distruggere l’intera coalizione?
Il problema si complica se si tiene conto che agendo come il PD ha scelto di agire si danneggia in maniera preponderante uno dei contendenti, appunto Renzi, al punto far nascere e dar credito alle voci di una vera e propria persecuzione contro il sindaco di Firenze. Da un punto di vista più generale la scelta del PD pare volta a definire in anticipo quella che sarà l’impronta della coalizione, senza lasciare che siano gli elettori a stabilirlo. Viene prima la coalizione o il centrosinistra? Proprio nell’impossibilità di identificare gli elettori di centrosinistra, il PD ha scelto per la prima e non per il secondo.

La formula individuata è efficace? Con ogni probabilità, no. Non lo è perché i reali tentativi di infiltrazione appaiono ad oggi un’eventualità improbabile, ma soprattutto perché regole più complesse e farraginose rischiano di allontanare più il simpatizzante tiepido che il boicottatore convinto. Il registro degli elettori è indubbiamente una proposta sensata, e può realmente costituire quell’anello di persone tra i tesserati e i simpatizzanti a cui ci si riferisce comunemente come popolo delle primarie, ma legare la registrazione alla consultazione è un’idea errata, che porterà la partecipazione a diminuire senza alcuna garanzia di reale controllo dei votanti.

Anche il doppio turno rischia di gettare più ombre che luci su queste primarie: nato dall’esigenza di legittimare maggiormente il leader non consentendo ad un candidato di vincere con meno voti della maggioranza assoluta, pare oggi una regola ritagliata apposta per Bersani, quello più in grado di recuperare dalle terze forze indipendentemente da chi arriverà al ballottaggio con lui. Al di là di questa pur legittima ombra di sospetto resta comunque il fatto che la necessità di una legittimazione a maggioranza assoluta dei voti appare oggi piuttosto labile, mentre la difficoltà di portare alle urne il popolo del centrosinistra per due fine settimana di fila è sicuramente molto più concreta.

Le scelte prese dal centrosinistra lasciano quindi perplessi, almeno ad oggi, e danno adito a dubbi e mormorii sulla reale apertura offerta dalle primarie quando fino ad oggi questo tipo di consultazioni era il fiore all’occhiello dei progressisti. Di per sé si tratta di azioni legittime e persino motivate, ma la loro applicazione è talmente legata ad uno specifico evento da rendere inevitabili le letture più smaliziatamente politiche volte al danneggiamento di alcuni candidati. In realtà, se ad oggi si dovessero tirare le somme, le nuove regole parrebbero avere un’unico scopo: offrire una giustificazione al previsto e inevitabile calo dell’affluenza. Troppo, troppo poco.

L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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