L’incandidabile

Pubblicato il 26 Novembre 2012 alle 12:38 Autore: Matteo Patané
monti premier, regia di napolitano

Le parole di Napolitano, come forma e contenuti, sono in prima battuta proprio una risposta alla dichiarazione del segretario PdL, a cui rivolgono una vera e propria lezione di istituzioni: da un lato rimarcano lo status di Monti, incandidabile in quanto già senatore a vita, dall’altro, naturalmente, evidenziano come nel nostro Paese non vi sia l’elezione diretta del Presidente del Consiglio, e che quindi Monti non abbia alcun bisogno di candidarsi per poter ricoprire ancora una volta il ruolo di premier.

Proprio questa interpretazione è stata fatta propria dal Terzo Polo, che, tramite Fini, ha già dichiarato apertamente che pur non potendo candidare direttamente Monti nelle proprie liste parlamentari farà proprio il nome del Professore al momento delle consultazioni per la formazione del nuovo Governo.

Ma le parole di Napolitano sono da interpretarsi in una chiave di lettura più generale della bacchettata ad Alfano, e paiono proprio mettere un limite alle ambizioni centriste di accaparrarsi il nome e la figura di Monti in chiave elettorale.
Ciò che infatti il Presidente della Repubblica è riuscito a comprendere, e che invece alcuni leader politici ignorano – o scelgono di ignorare – è che l’oggettivo successo del Governo Monti tanto in termini di ampiezza di operato quanto di consenso popolare (che seppur in ribasso resta straordinariamente ampio se si conta il genere di leggi approvate) deriva proprio dalla terzietà di Monti rispetto alla politica dei partiti, dalla sua estraneità rispetto alle lotte elettorali e ai sistemi di potere che contraddistingono il mondo politico.
Ascrivere Monti ad un partito o ad una coalizione ne farebbe perdere tutte le peculiarità che gli hanno concesso fino ad ora di operare con la massima libertà ed efficacia, in qualche modo “bruciandolo”, come si usa dire in gergo.

Non sono stati pochi i giornalisti e i commentatori che hanno visto nelle parole di Napolitano un’incrinatura nell’asse fino ad oggi ferreo tra Palazzo Chigi e Quirinale, ma bisogna tenere conto, in un simile frangente, dell’inevitabile divergenza di vedute che possono intercorrere tra il Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio: quest’ultimo può infatti avere maturato delle legittime ambizioni politiche, ma il Presidente della Repubblica ha il dovere di agire nell’interesse dello Stato, in questo caso per preservare una risorsa politica del Paese come Monti dalle grinfie dei partiti: solo se il Professore resterà lontano dalle campagne elettoralie dalle logiche di coalizioni il suo nome resterà sinonimo di unità nazionale e potrà essere spendibile per le emergenze future; altrimenti Monti diventerà solo un politico come tanti.

E questo, secondo Napolitano, è un prezzo che il Paese non si può permettere.

L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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