TP intervista Claudio Velardi

Pubblicato il 14 Marzo 2011 alle 06:36 Autore: Giuseppe Spadaro
TP intervista Claudio Velardi

Una previsione sulla futura organizzazione strutturale del centrodestra

Tutto è legato a Berlusconi. Lo vado dicendo da un sacco di tempo: si devono dare una mossa perché al momento dopo Berlusconi non c’è niente. Si dovrebbero organizzare non contro Berlusconi ma per immaginare il dopo Berlusconi.

Da lobbista di professione può tracciare lo stato dell’arte dell’attività di Lobbying italiana

Il mio mestiere è fare il lobbista. Con la comunicazione politica non si sopravvive perché in Italia il mercato della comunicazione politica è molto ristretto. Con la nostra società, lavoro per le principali aziende italiane. Facciamo incontrare le aziende con le istituzioni sui temi di loro interesse. Non sono particolarmente interessato ad una regolamentazione dell’attività di lobbying perché è il mercato a dover decidere chi fa bene le attività di lobbying e chi no. Detto ciò sarebbe bene avere un minimo – ma proprio un minimo – di regolamentazione. Noi già ci adoperiamo in tal senso perché quando incontriamo i nostri interlocutori istituzionali specifichiamo sin da subito quali interessi rappresentiamo e secondo me questo è già sufficiente.

Si riuscirà a superare in Italia la conflittualità Nord-Sud?

No, non è superabile. Perché le divisioni sono alimentate ad arte da chi ha interessi politici. Sono di Napoli e affezionato al Sud ma discutiamo di una società globalizzata. Vivo la globalizzazione quotidianamente. Mi sembra una questione marginale. Gli sfottò tra “terroni” e “polentoni” sono sempre esistiti. Oggi non hanno ragione di esistere tanto che si presenti un napoletano o un milanese a Bruxelles o a Dusseldorf, a New York o a Vancouver, in sé non vuol dire niente. Se non è intelligente non c’è niente da fare. Spesso il napoletano è più intelligente (sorride).

Come immagina il futuro dell’editoria (quotidiana) tra cartaceo e web?

Il cartaceo inteso come generalista è finito. Questo non vuol dire che non esisteranno più i giornali. Ce ne saranno. Certo che sì. Saranno strumenti “omnibus” come oggi sono i grandi quotidiani nazionali. Per il resto esisterà un’editoria cartacea di nicchia (perché fa sempre piacere avere la carta tra le mani) ma a guidare la carovana sarà il web. Funziona così già oggi. Oramai i giornali vanno a rimorchio della rete e sarà sempre più così.

Giuliano Ferrara in Rai. Trova motivate polemiche e proteste?

La Rai è del Governo e quindi il Governo mette in Rai la gente che piace al Governo di turno. Così come accadeva prima. Prima c’era Biagi, oggi c’è Ferrara. Sarebbe serio privatizzare la Rai. Metterla in mano al mercato così invece di avere la voce del Governo avremmo la voce dell’editore.

(per continuare la lettura cliccare su “3”)

L'autore: Giuseppe Spadaro

Direttore Responsabile di Termometro Politico. Iscritto all'Ordine dei Giornalisti (Tessera n. 149305) Nato a Barletta, mi sono laureato in Comunicazione Politica e Sociale presso l'Università degli Studi di Milano. Da sempre interessato ai temi sociali e politici ho trasformato la mia passione per la scrittura (e la lettura) nel mio mestiere che coltivo insieme all'amore per il mare e alla musica.
Tutti gli articoli di Giuseppe Spadaro →