Il futuro di Roma secondo Ignazio Marino e la sua mozione

Pubblicato il 12 Aprile 2013 alle 12:38 Autore: Matteo Patané

La vera rivoluzione di Marino era però una rivoluzione di metodo prima ancora che di merito. Non per nulla la parola chiave della sua campagna elettorale del 2009 era laicità.

Laicità intesa nella comune accezione di attenzione ai diritti civili, senza dubbio, ma laicità come metodo di conduzione della vita del partito. Ascoltando le parole di Marino dell’epoca, si poteva sognare un partito capace di discutere serenamente su ogni punto ma di parlare con una voce sola, in grado di darsi regole e di rispettarle senza bisogno di deroghe per qualche maggiorente troppo potente.

Capace con umiltà di coinvolgere la propria base sulle questioni in cui la classe dirigente non era in grado di trovare un accordo attraverso i referendum aperti agli iscritti, finalmente valorizzati in un vero ruolo partecipativo e decisionale. Non è andata così, e per quanto la gestione Bersani abbia avuto diversi meriti, resta negli occhi l’immagine di ciò che il PD sarebbe potuto essere.

In realtà la vittoria di Marino nel 2009 era impossibile non solo per tutti gli interessi più o meno clientelari a difesa della classe dirigente PD, ma anche per quello stesso sentimento identitario che così spesso ha salvato la sinistra italiana dalla débâcle più assoluta: per molti elettori Bersani – e in misura minore Franceschini – rappresentavano una bandiera, l’identità stessa del partito.

Sentimento spesso ammirevole, quando il senso di identità è contaminato dalla paura di cambiare si trasforma in identitarismo e in ultima analisi in conservatorismo, un anatema per un partito progressista, in cui l’attenzione al futuro dovrebbe essere uno degli assi portanti.

Oggi Roma ha la possibilità di scegliere Ignazio Marino come prossimo sindaco, di capitalizzare finalmente il patrimonio politico rappresentato da quest’uomo e dalle sue idee, di inaugurare un metodo di gestione della res publica veramente innovativo, partecipato ad ogni livello ma – a differenza del M5S – dotato a sua volta di regole chiare e trasparenti nella sua modalità operativa.

La lotta di Marino per il Campidoglio non è solo un’opportunità per Roma: può significare la definitiva consacrazione o al contrario la cancellazione di una nuova sinistra in Italia alternativa al neoliberismo renziano. L’occasione è vitale, la lotta difficilissima, la posta in palio più alta che mai. Sommessamente dalla città di Roma si deciderà la politica italiana – e più modestamente il futuro della sinistra italiana – dei prossimi anni.

L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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