Mal di Lega, tra insulti e minacce

Pubblicato il 13 Giugno 2013 alle 15:39 Autore: Giuseppe Luongo

Dei malumori serpeggiano all’interno della Lega Nord dopo i pessimi risultati delle amministrative 2013, così forti da mettere in discussione la successione di Roberto Maroni al fondatore del partito, Umberto Bossi. Non è la prima volta che la leadership politica di “Bobo” viene messa in discussione, anzi, spesso si è avuta l’impressione che la base del Carroccio non abbia mai digerito la sua nomina a segretario della Lega Nord, sia per le sue divergenze col Senatùr sia per il diverso modo di portare all’attenzione del Parlamento le istanze del “popolo padano”.

A poco meno di un anno dalla sua elezione da parte del Forum di Assago, inizia a concretizzarsi la spaccatura, sempre stata presente nella Lega, tra la corrente dei Barbari Sognanti, guidata da Maroni e tendente ad un rinnovamento del partito, e quella del Cerchio Magico, fedele alla linea politica di Bossi. Se un anno fa Maroni fu eletto tra molti applausi e qualche fischio, adesso la sua posizione di comando è messa seriamente in discussione dalle innumerevoli defezioni ed espulsioni con cui il segretario deve fare i conti quotidianamente.

È importante citare, tra tutti, l’espulso Santino Bozza, che martedì scorso ha commentato, in maniera severa  e acre, i risultati della Lega attribuendone la colpa al segretario Maroni e al sindaco Tosi, invitandoli entrambi a visitare il Lago di Garda per «immergersi più a fondo possibile» durante la nota trasmissione La Zanzara di Radio 24. Istigato dalle pungenti domande del giornalista Giuseppe Cruciani e dall’ironia di David Parenzo, Bozza ha confessato tutto il suo disprezzo per l’attuale leader della Lega Nord affermando che Maroni  è «un nanetto» da «mandare in vacanza in eterno », che ha cercato di imitare Bossi non riuscendoci perché «vale un due di coppe» e la sua sola visione «fa venire il voltastomaco».

Se, da un lato, Bozza attribuisce, in generale, la sconfitta della Lega Nord a Maroni, è soprattutto su Tosi, definito come «un fascista che non guarda in faccia a nessuno», che grava, secondo l’espulso, il flop del Carroccio in Veneto, così come è colpa di Gentilini la disfatta di Treviso, che, invece, avrebbe dovuto «stare a casa e farsi delle belle passeggiate e qualche partita a briscola».

Mentre Bozza afferma che una percentuale compresa tra il 70 e l’80% dei leghisti vorrebbe l’espulsione di Tosi e Maroni, motivo per cui sia gli espulsi che i membri del partito sono tuttora in contatto con il Senatùr, e snocciola insulti e minacce concrete affermando che i due presunti responsabili della débâcle saranno presi «a calci nel culo», viene da pensare al discorso con cui Umberto Bossi siglò il passaggio della carica di segretario a Roberto Maroni.

Un Bossi commosso, dagli occhi lucidi e la voce affaticata, più del solito, cita, non a caso, la storia di Re Salomone: «Il bambino è di quello che non vuole tagliarlo», affermò il segretario uscente, come a dire che era lui a non voler dividere il partito, e perciò il leader legittimo, ma era costretto ad affidarlo a Maroni, la falsa madre, perché continuasse a vivere. Nonostante questo, però, il “bambino”, sta sempre peggio, al punto da non poter escludere un ritorno del Senatùr, che resta ancora l’unico vero leader per la vecchia guardia.

 

Giuseppe Luongo