Iniziata la battaglia per il congresso nel pd

Pubblicato il 24 Giugno 2013 alle 14:47 Autore: Gianni Parlatore

La battaglia per il congresso nel pd è già partita. Renzi è (o lascia intendere di essere) quasi pronto alla corsa alla segreteria. Da Epifani e Bersani i primi avvertimenti.

Il dado sembra ormai tratto. Matteo Renzi  dalla Sicilia, dove sta lanciando la volata finale ai candidati del Pd in vista dei ballottaggi di domenica e lunedì, attraversa il suo personale Rubicone lanciando sul piatto la propria ascesa verso la segreteria del Pd. Non più solo premiership, dunque. Prima, nella nuova road map del sindaco di Firenze, occorre scalare il partito, farne una creatura a propria immagine e somiglianza. Per farlo dovrà abbattere la resistenza di quanti, tra la dirigenza del partito e nella base tra i militanti, chiedono di tenere distinti i ruoli di segretario e candidato premier, per scongiurare il fantasma del personalismo di sinistra, alter ego, seppur da posizioni politiche diverse, del partito personale e dell’uomo solo al comando predominanti dall’altra parte della barricata.

Il manifesto del primo cittadino fiorentino sembra, comunque, in attesa solo di rifinitura:il new Pd, sulle orme del Blair del 1997 e del vincente nuovo Labour party costruito in Gran Bretagna per svecchiare l’immagine e i contenuti dei laburisti ed emanciparli dall’idea del partito statalista, tutto schiacciato sulle tesi del “tassa e spendi.” E se il segretario-reggente Epifani appare ormai intenzionato al passo indietro dopo la fase congressuale, nonostante alcuni dei big – Bersani in testa – spingano per la sua riconferma in tandem con Enrico Letta saldo al timone di Palazzo Chigi, sono ancora diversi gli avversari che il rottamatore potrebbe trovarsi sulla strada che porta alla tolda di  via del Nazareno: dal dalemiano Cuperlo al popolarissimo Zingaretti, che però ribadisce la sua volontà di rimanere alla guida della Regione Lazio, da qualche giovane turco in cerca di gloria ( Orfini, Orlando ) allo stesso premier Letta che per ora, per ovvi motivi di stabilità della fragile maggioranza di governo, tace del tutto sull’argomento. Più che una questione di nomi, il nodo politico si gioca tutto sull’idea di partito e sul profilo programmatico che il nuovo Pd dovrà avere in vista della battaglia congressuale, delle primarie per la scelta del nuovo leader e soprattutto in vista delle elezioni politiche nel momento in cui il governo della grande coalizione esalerà il suo ultimo respiro.

Relazione con i sindacati, organizzazione del partito, rapporto con la base, idea di leadership. Tutti temi sul tappeto che già da ora infiammano l’aria in casa democratica, sebbene il dibattito interno sia tenuto ancora più o meno forzosamente a bada, al di sotto dei livelli di guardia, per non irritare nuovamente la base che lentamente cerca di dimenticare la delusione di febbraio e l’umiliazione del disastro della corsa al Quirinale, ma soprattutto per non disseminare di ulteriori mine esplosive il già accidentato percorso governativo della anomala maggioranza delle larghe intese. Un primo botta e risposta a distanza lo si è, però, già registrato in questi giorni proprio sul tema, da sempre cruciale per la sinistra italiana, del rapporto con il sindacato. Tema, quest’ultimo, tanto più sentito per Guglielmo Epifani che dalla guida del più grande sindacato italiano proviene. La sua scelta di partecipare al mega raduno unitario delle organizzazioni confederali che si terrà oggi a Roma è un chiaro segnale politico, che acquista un significato ancor più nitido giungendo all’indomani della dichiarazione d’intenti lanciata da Renzi, in un’intervista al Foglio, secondo la quale la politica “dovrebbe emanciparsi dai sindacati, iniziare a ragionare con la sua testa e imparare ad adoperare con più sapienza la parola produttività”.

Ultimo cruciale oggetto di scontro sul tappeto il tema congresso e la sua organizzazione, le regole per le primarie e la gestione del dissenso dei circoli e di Occupy. Anche su quest’argomento le posizioni cominciano a definirsi, non facendo mancare occasioni di attrito e di dissenso. Se per Epifani “pensare solo al chi è il servizio peggiore che si possa fare al paese”, Renzi ribatte che questa volta non accetterà regole e procedure fatte apposta per fregarlo, mentre l’ex segretario Bersani rilancia sul fatto che ai gazebo dovrà poter votare solo chi aderisce al Pd. Insomma il dado è tratto, la lotta ingaggiata, i nodi sul tappeto ancora in buona parte irrisolti.

 

Giovanni Gianni Parlatore