Il governo va avanti “Abolizione di tutte le province”

Pubblicato il 5 Luglio 2013 alle 12:32 Autore: Francesco Di Matteo
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Dopo la bocciatura del decreto per l’abolizione delle province, emanato dal governo Monti, la maggioranza ci riprova annunciando una ristrutturazione degli enti locali provinciali. Upi: “Inaccettabile”.

A sorpresa, o forse no, ieri la Consulta ha bocciato la riforma degli enti locali, che prevedeva l’accorpamento di alcune province e la diminuzione delle province da 86 a 51, contenuto nel decreto Salva Italia emanato l’anno scorso dal governo Monti. Secondo la Consulta l’atto non è valido poiché, essendo la provincia un ente previsto dalla costituzione, non è possibile riformarle o cancellarle attraverso un semplice decreto, che è uno “strumento eccezionale per situazioni straordinarie” e che non ha la potenza necessaria per modificare la vasta normativa che sta dietro all’istituzione della provincia. Il decreto prevedeva un taglio delle province di quasi il 50%, il quale avrebbe portato risparmi che vanno da 300 a 500 milioni di euro all’anno. Soddisfazione da parte del segretario della Lega Nord e Presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, secondo cui “la consulta ha mostrato l’ignoranza costituzionale di chi aveva scritto una norma assurda”.

Nonostante la bocciatura la maggioranza intende riprovarci, stavolta con una norma adatta, una norma costituzionale. Ad annunciarlo è lo stesso Letta che vuole l’assoluta cancellazione di tutte le province. “Se il taglio delle province è per una questione di risparmio di risorse pubbliche, allora saranno tagliate tutte e non solo la metà”, dice il premier. Infatti, se tutte le province venissero tagliate, si potrebbe ottenere un risparmio almeno doppio delle stime fatte dal governo Monti. Ma i dipendenti? Il governo, assicura, che i circa 60.000 dipendenti pubblici che sostengono le attività della provincia non saranno licenziati in blocco, ma saranno riassegnati, alle regioni o ai comuni, proprio come le competenze proprie della provincia. Il piano di risparmio e di riduzione del personale, assicura il governo, sarà attuato attraverso i pensionamenti.

Il nuovo testo normativo dovrebbe essere già pronto e dovrebbe essere discusso nel Consiglio dei Ministri di quest’oggi. Ma il governo ha già fatto sapere di voler attendere la pubblicazione della sentenza della consulta, prima di renderlo pubblico. Indiscrezioni parlano di un testo breve, di soli 16 art., con il quale si cancella dalla costituzione ogni riferimento alle province, in particolare dall’articolo 114, che al primo comma recita “La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”. Il testo, quindi, sarà una riforma costituzionale e dovrà fare il doppio passaggio tra le camere e, eventualmente, sottoporsi al giudizio popolare tramite referendum. La riforma, quindi, ha tempi lunghi, forse due anni addirittura, che il governo non potrebbe avere.

Ma le competenze? Le competenze saranno redistribuite tra i comuni e le regioni, con la possibilità per i comuni di comporre dei collegi delle autonomie, una sorta di ‘unione’ tra comuni per la gestione di campi di interesse comune, come l’ambiente o la cultura. Il governo afferma di non voler fare ingerenza sulla formazione di questi enti sub-regionali, che non avranno organi eletti ma saranno formati dai sindaci dei comuni risultando enti praticamente a costo zero visto che non ci saranno stipendi da pagare. Infatti, come ha detto anche il ministro Delrio, le regioni saranno libere di definire quanti collegi istituire per una corretta amministrazione del territorio, partendo dall’attuale geografia delle province. Sarà però definito il numero dei consorzi, che sarà di uno per ogni ramo, che operano con questi enti per puntare alla diminuzione di queste società di almeno duemila unità.

La riforma non trova d’accordo il presidente dell’UPI, Unione delle Province Italiane, Antonio Saitta che dice che “è inaccettabile che il governo presenti un ddl costituzionale soltanto su di noi. Tutto ciò – continua Saitta – conferma che la politica non vuole affatto riformarsi. E il dimezzamento dei parlamentari quando si farà?”.

L'autore: Francesco Di Matteo

Napoletano classe '92. Laureato in Scienze Politiche e delle relazioni internazionali alla Federico II di Napoli nel 2014, è appassionato di giornalismo e in particolare di politica, di analisi politica e di Scienza Politica, in generale. Tesserato a Libera, in passato ha ricoperto la carica di Coordinatore Regionale a livello giovanile nell'Italia dei Valori (2012). Cofondatore dell'associazione Agorà - Lavoro, Partecipazione e Libertà. Attualmente collabora anche con "Il Roma" ed è co-fondatore della testata indipendente "Libero Pensiero".
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