Il Governo appeso a una sentenza?
Il caso più delicato, manco a dirlo, si avrebbe in caso di conferma della sentenza di secondo grado, dunque della condanna a quattro anni di carcere (tre dei quali coperti da indulto) e a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici, l’elemento più insidioso tra quelli in campo. Come ha ricordato Fabrizio Neironi per Termometro Politico, ciò comporterebbe – al termine di un procedimento ben definito – la decadenza di Berlusconi da senatore. Settimane fa, qualche “falco” intransigente tra i berlusconiani aveva minacciato di minare la stabilità del governo, anche se non ci sarebbe il minimo spazio per dire che l’esecutivo o alcuni suoi membri hanno influenzato o indotto la Cassazione a confermare la condanna. Anche sulla scorta di questa considerazione, l’ipotesi di far cadere in automatico il governo sembra sfumata, anche perché in fondo al Pdl conviene che sia il Pd a doversi addossare in buona parte la responsabilità di certi provvedimenti, a partire proprio dall’eventuale riforma della giustizia.
Quel che è certo è che la conferma della condanna potrebbe appesantire il clima, gettando fiotti di benzina sui futuri focolai, pronti a divampare in caso di polemiche, magari di provvedimenti “divisivi” legati a temi etici: anche in questo caso i tentativi di alzare il prezzo per evitare la crisi potrebbero essere dietro l’angolo. Allo stesso modo, l’ipotesi adombrata dai falchi pidiellini – quella di dimissioni in massa dal governo e dal Parlamento – non è da escludere: certo, non è detto che coloro che dovrebbero subentrare ai dimissionari abbiano voglia di lasciare gli scranni a tempo di record, ma potrebbe crearsi un problema tutt’altro che trascurabile, anche per i riflessi che la vicenda potrebbe avere sul Pd. A quel punto, nel giro di qualche mese si andrebbe quasi certamente ad elezioni, con Berlusconi ineleggibile e, soprattutto, ancora con il Porcellum come legge elettorale: uno scenario apocalittico, che nessuna persona di buon senso dovrebbe auspicare.