Il Governo appeso a una sentenza?

Pubblicato il 29 Luglio 2013 alle 16:39 Autore: Gabriele Maestri

Renato Brunetta, uno dei “falchi” del Pdl

Il caso più delicato, manco a dirlo, si avrebbe in caso di conferma della sentenza di secondo grado, dunque della condanna a quattro anni di carcere (tre dei quali coperti da indulto) e a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici, l’elemento più insidioso tra quelli in campo. Come ha ricordato Fabrizio Neironi per Termometro Politico, ciò comporterebbe – al termine di un procedimento ben definito – la decadenza di Berlusconi da senatore. Settimane fa, qualche “falco” intransigente tra i berlusconiani aveva minacciato di minare la stabilità del governo, anche se non ci sarebbe il minimo spazio per dire che l’esecutivo o alcuni suoi membri hanno influenzato o indotto la Cassazione a confermare la condanna. Anche sulla scorta di questa considerazione, l’ipotesi di far cadere in automatico il governo sembra sfumata, anche perché in fondo al Pdl conviene che sia il Pd a doversi addossare in buona parte la responsabilità di certi provvedimenti, a partire proprio dall’eventuale riforma della giustizia.

Quel che è certo è che la conferma della condanna potrebbe appesantire il clima, gettando fiotti di benzina sui futuri focolai, pronti a divampare in caso di polemiche, magari di provvedimenti “divisivi” legati a temi etici: anche in questo caso i tentativi di alzare il prezzo per evitare la crisi potrebbero essere dietro l’angolo. Allo stesso modo, l’ipotesi adombrata dai falchi pidiellini – quella di dimissioni in massa dal governo e dal Parlamento – non è da escludere: certo, non è detto che coloro che dovrebbero subentrare ai dimissionari abbiano voglia di lasciare gli scranni a tempo di record, ma potrebbe crearsi un problema tutt’altro che trascurabile, anche per i riflessi che la vicenda potrebbe avere sul Pd. A quel punto, nel giro di qualche mese si andrebbe quasi certamente ad elezioni, con Berlusconi ineleggibile e, soprattutto, ancora con il Porcellum come legge elettorale: uno scenario apocalittico, che nessuna persona di buon senso dovrebbe auspicare.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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