M5S, problemi e “aperture” in streaming

Pubblicato il 3 Settembre 2013 alle 17:02 Autore: Gabriele Maestri

L’aspetto della comunicazione esterna, poi, è stato toccato da molti. A chi aveva proposto di far parlare con i giornalisti solo il portavoce del gruppo, risponde di nuovo Romani.

“Non dovevamo andare ai talk show, ma con i giornalisti ci dobbiamo parlare. Se volete che non parli con nessuno, beh buttatemi fuori. Io sono un medico, sono abituato a parlare e a rispondere”.

Sulla riunione di ieri, poi, è scoppiato il ciclone Luis Alberto Orellana. Il senatore, prima dell’incontro, aveva bollato come “desideri del Pd e non solo” i numeri di potenziali transfughi del gruppo M5S. Una volta in riunione però, è esploso contro il capo della comunicazione Claudio Messora, “reo” di aver commentato pesantemente la notizia di possibili senatori “aperturisti”, parlando di persone che giocavano a fare i “piccoli onorevoli”.

Luis Alberto Orellana

“Messora ha insinuato cose gravi sulla nostra attività, ha scritto sciocchezze e offeso il nostro lavoro; non deve succedere che una persona da noi stipendiata si permetta di farlo – ha detto –Gliel’ho scritto e non ha risposto. Ha creato grandissimi problemi, per me e’ una ferita aperta. Non ha la mia fiducia“. Pronta la difesa interna al gruppo: “Messora ha detto la verità – ha notato Carlo Martelli – qualcuno ha una coda di paglia enorme che gli ha preso fuoco“. “Mi sarei sentita offesa – ha tuonato la Taverna – se Messora avesse scritto piccolo cittadino, non piccolo onorevole”.

Orellana però non si limita a criticare la comunicazione: da lui, in fondo, viene il segnale più concreto degli “sguardi intorno”: “Sono per il dialogo come lo eravamo ad aprile scorso. Parliamo solo di se, si tratta solo di ipotesi che non si concretizzeranno, ma non bisogna avere tabù“. Cita gli esempi della Sicilia (in cui la collaborazione con Crocetta c’è, anche se traballa) e di Ragusa (“Lì abbiamo vinto perché ci siamo fatti aiutare da altri”) e chiarisce la sua posizione: “Non possiamo pensare di fare un governo in 50 e non possiamo metterci paraocchi con dei no assoluti“. Almeno, questo lo pensa lui, altri non sembrano dello stesso parere.

Da ultimo, arriva l’intervento di Beppe Grillo, attraverso il suo blog: il titolo, “Siamo in guerra”, è sullo stesso tono delle parole di Morra. “Kasparov, il campione sovietico, diceva che gli scacchi sono il gioco più violento che esiste. Ed è una partita a scacchi con un Sistema Organizzato a norma di legge quella in corso da anni in Italia”. Una partita che, secondo Grillo, ha sparso sangue e soprattutto ha visto (non solo in politica) un’occupazione di ogni spazio disponibile da parte del Sistema “continuo, incessante, a colpi di leggi, di disinformazione, dell’utilizzo di ogni regola fatta su misura”.

Nega il carattere violento del M5S Grillo: “Siamo rivoluzionari. Vogliamo cambiare la società, restituire ai veri giocatori, i cittadini, la scacchiera, il gioco. Cambiare in senso democratico la Costituzione e lo Stato”. Per il leader a 5 Stelle non ci sono alternative: la partita si vince o si perde, senza possibilità di alleanze o di pareggi.

Beppe Grillo

Beppe Grillo

Siamo in guerra – dichiara – una guerra che deciderà il destino di questo Paese per il prossimi decenni. O ci sarà una svolta o una lenta stagnazione con facce nuove a proteggere i vecchi interessi di sempre”. E in un tempo in cui i giovani vestono i poco invidiabili panni di “rifugiati politici costretti ad espatriare”, non si deve parlare ma agire ed esserci.

Il monito finale è rivolto essenzialmente ad attivisti e simpatizzanti, con un editto e un annuncio: “Chi vuole guardarsi l’ombelico si tiri fuori. Il M5S non è il suo ambiente. Presto faremo il terzo V-Day. Tenetevi pronti”.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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