Decadenza, Berlusconi cosa vuole davvero?

Pubblicato il 11 Settembre 2013 alle 15:24 Autore: Gabriele Maestri

Il fine di Berlusconi potrebbe essere allora quello di restare semplicemente dov’è, con la possibilità di fare politica come ha sempre fatto. Anche qui, però, c’è qualche problema logico.

Certamente l’interdizione dai pubblici uffici e l’incandidabilità impedirebbe al fondatore di Forza Italia la presenza in Parlamento, ma certamente non gli sottrarrebbe in alcun modo la possibilità di fare politica.

In questo l’esempio di Beppe Grillo è lampante: come è noto, non era candidato al Parlamento (pur essendo indicato come capo della forza politica), non ha cariche, eppure è chiaramente lui a dettare la linea al MoVimento 5 Stelle. Il fatto che i suoi sostenitori siano detti “grillini” la dice lunga sull’identificazione tra lui e i suoi attivisti: è pienamente leader (e nessuno lo mette in dubbio), anche se non siede su alcuno scranno. E’ questa l’unica vera “agibilità politica” che dev’essere garantita a chiunque.

grillo porcellum legge elettorale

Una terza ipotesi è stata avanzata pochi giorni fa dall’ex magistrato Bruno Tinti sul Fatto Quotidiano: Berlusconi non vuole decadere perché vuole evitare che qualche Procura si senta in diritto sottoporlo a perquisizioni, arresti, detenzione e (soprattutto) intercettazioni, senza alcun bisogno di autorizzazioni della Camera di appartenenza o di chiunque altro.

I giuristi chiamano un atteggiamento simile “difesa dal processo” (non accettabile), più che “nel processo” (che invece è del tutto legittimo). Finché Berlusconi è parlamentare, nessuno di quegli strumenti è attivabile senza una debita (e improbabile) autorizzazione del Senato, tanto per i procedimenti in corso, quanto per altri di cui ancora non è nota l’esistenza. L’ipotesi è suggestiva e, questa volta, credibile.

L’ultima lettura, invece, è tutta di stampo politico e personale. Che Silvio Berlusconi tenga a non avere su di sé nemmeno una condanna, è cosa chiara e la sua maggioranza (quando c’era) l’ha assecondato quasi sempre, votando tutte le leggi considerate ad personam di cui ha finito per beneficiare, evitando spesso le condanne addirittura in primo grado (si vedano, per dire, i processi All Iberian 2 e Lentini).

Ora che è arrivata la condanna definitiva e la decadenza da senatore si può solo ritardare, le persone più vicine a Berlusconi stanno battendo ogni via per mettere alla prova l’atteggiamento del Pd, che rischia di rimetterci comunque. Se resta intransigente e ottiene la decadenza, il Pdl addosserà ai democratici la colpa della caduta del governo (e difficilmente saranno premiati nell’urna, nel caso improbabile di elezioni ravvicinate). Se il Pd accetta soluzioni intermedie, che la base riterrà favorevoli a Berlusconi, l’emorragia di iscritti e consensi sarà assicurata. In ogni caso, sarà il Pdl a guadagnarci. E Berlusconi questo lo sa.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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