Il tiro al Porcellum, purché non muoia

Pubblicato il 30 Settembre 2013 alle 13:36 Autore: Gabriele Maestri

Mentre la legge elettorale è ancora al suo posto e rischia di rimanerci ancora a lungo, Letta coglie però il nocciolo della questione: “in Parlamento non ci sono i numeri per abolire il Porcellum“.

Nel senso che, per far morire quella specie di obbrobrio giuridico, occorre trovare l’accordo su quale sistema introdurre al suo posto. Accordo che non c’è.

Perché resta valida la massima che anni fa un parlamentare democristiano di lungo corso, passato all’Udc e al Pdl prima di non essere ricandidato alle ultime elezioni, condensò in una riunione del suo partito: “Ci vuole una nuova legge elettorale. Possibilmente che non ci faccia perdere“.

beppe grillo nessun compromesso

E’ per questo, in fondo, che Grillo non ha voluto che si cambiasse la legge elettorale alla fine del 2012 (dopo avere abbondantemente gridato – e con ragione – contro al “Parlamento di nominati”) ed è per questo che – dopo aver effettivamente votato a favore dell’odg Giachetti – ora non vuole assolutamente che si tolga il Porcellum. O vuole riformarlo, solo dopo aver vinto le elezioni.

D’altra parte, agli altri partiti la resistenza della “legge Calderoli” fa più bene che male. Anche se, ovviamente, non si può dire. Perché, a ben guardare, far compilare le liste agli organi dirigenziali del partito è molto meno complicato rispetto a un sistema che preveda le preferenze, permette di sapere con una buona approssimazione chi andrà in parlamento e chi resterà fuori e costa molto meno a livello di campagna elettorale (si risparmia sulla promozione dei candidati individuali). Certo, il Pd si è “complicato la vita” con le primarie per i parlamentari, ma in testa alle liste è finito chi, per la segreteria, doveva assolutamente entrare in parlamento.

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Questo, con il Mattarellum, non accadrebbe. Ci sarebbe soprattutto l’estrema difficoltà nella scelta delle candidature nei singoli collegi uninominali: sbagliare un nome significa perdere il seggio. In questa operazione l’area berlusconiana ha sempre avuto qualche difficoltà in più; è vero che nella simulazione elettorale con il Mattarellum di Agosta e D’Amelio il centrodestra avrebbe ottenuto la maggioranza relativa dei seggi, ma nella realtà la scelta dei candidati è sempre stata più difficile. Ed è questo il motivo per cui il Pdl non vedrebbe di buon occhio il ritorno alla vecchia legge.

Come si vede, difficile dipanare questa matassa. Per il momento, la salute migliore sembra quella del Porcellum. Di danni ne ha fatti a sufficienza, ma a quanto pare non lo abbatte nessuno.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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