La presunta normalizzazione politica del centrodestra italiano

Pubblicato il 3 Ottobre 2013 alle 17:20 Autore: Andrea Scavo

La prudenza è d’obbligo. Abbiamo già visto diverse volte questi tentativi infrangersi contro il muro dell’immortalità politica di Berlusconi, e fallire poi miseramente alla prova delle urne. È successo a Casini a cavallo tra il 2007 e il 2008, quando si rifiutò di confluire nel PdL e si è riservato un destino da eterno “incompiuto” di un neo-centro democratico-cristiano mai nato. È successo poi a Fini nel 2010, sepolto sotto le fangose macerie della casa di Montecarlo anche oltre le sue oggettive responsabilità. È successo da ultimo a Mario Monti, considerato da molti il “volto buono” di un centro-centrodestra italiano liberale e europeista, ma di fatto ridotto alla marginalità politica dagli elettori.

Berlusconi ha sempre saputo difendersi, soprattutto dagli alleati. È sempre risorto politicamente, anche quando le circostanze lo davano per spacciato. L’ultima capriola clamorosa, martedì sulla fiducia in Senato, lo tiene aggrappato al carro anche questa volta. È possibile che anche questa volta le divisioni rientreranno, che Alfano si riterrà soddisfatto di un maggior equilibrio tra “falchi” e “colombe” nell’organigramma della nuova Forza Italia, che i numeri degli ipotetici gruppi autonomi al Senato e alla Camera si ridurranno ad un gesto di testimonianza, un po’ come Fratelli d’Italia quando Berlusconi cancellò di botto le entusiasmanti primarie del centrodestra tra Alfano, la Meloni e la Santanchè.

Il punto è che una eventuale e auspicabile “normalizzazione” del centrodestra – e di conseguenza di tutta la politica italiana – sarebbe un processo lungo e articolato, per almeno tre ragioni.

Innanzitutto, occorrerebbe mettersi alle spalle non solo Berlusconi, ma la cultura del berlusconismo. L’idea che in politica sia possibile sostenere impunemente tutto e il contrario di tutto, la sfacciata mancanza di pudore nel contraddire se stessi, la propaganda anti-politica (contro i “professionisti” della politica, contro i politici che non hanno mai lavorato e che rubano i soldi dei contribuenti vessati dallo Stato), l’ostentata assenza di etica. Sono questi gli ingredienti con cui Berlusconi ha avvelenato il dibattito politico italiano, causando rassegnazione e sconforto (la logica del “sono tutti uguali”) o suscitando la reazione massimalista del grillismo. Sarà duro e sarà complesso, ma questo “risorgimento” della Politica è imprescindibile.

Occorrerebbe poi che si formasse una classe dirigente degna di questo nome nel centrodestra italiano. Competente, dotata di visione strategica e radicata sul territorio. Il Porcellum è un tappo formidabile a questo processo, e ha permesso a Berlusconi di adottare un criterio di selezione del personale politico felicemente riassunto nella formula “nani e ballerine” (Mara Carfagna ministro delle Pari Opportunità, con tutto il rispetto, ricorda tanto il cavallo di Caligola fatto senatore).

Occorrerebbe infine l’abbandono della contrapposizione con il “nemico” comunista, per una normalizzazione dei rapporti di dialettica politica tra i due schieramenti che passi dalla condivisione di una logica autenticamente repubblicana: comune emarginazione dei rispettivi populismi, equilibrio nella rappresentanza mediatica e nell’informazione e legittimazione reciproca, pur nella (anche radicale) diversità di vedute politiche.

Sono processi complessi e che solamente il tempo potrà portare a compimento. Se e quanto Cicchitto, Alfano, Formigoni o Giovanardi siano in grado di realizzare tutto questo, è quantomeno da vedere.

L'autore: Andrea Scavo

Ricercatore in Scienze Sociali e Politiche. Si occupa principalmente di politiche pubbliche e processi di policy-making, network e multi-level governance, istituzioni e politiche dell'Unione Europea, ricerca socio-organizzativa e organizzazione aziendale, diritto del lavoro e commercio internazionale.
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