Finisce lo shutdown, ma la credibilità USA mostra crepe

Pubblicato il 21 Ottobre 2013 alle 15:01 Autore: Giovanni De Mizio
rassegna stampa

Arriva (ovviamente all’ultimo momento) la soluzione provvisoria allo shutdown del governo statunitense e al debt ceiling, il tetto al debito pubblico: i repubblicani escono sconfitti da una battaglia che non potevano vincere, il governo sarà finanziato fino a gennaio, il tetto del debito rialzato fino a febbraio 2014.

Tutto risolto quindi? Non proprio; gli estremisti che hanno portato sull’orlo del baratro gli Stati Uniti non sembrano aver compreso la portata di ciò che è avvenuto e di cosa succederà se si ripeterà lo stesso teatrino anche alla fine dell’anno.

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Gli Stati Uniti hanno dimostrato di non essere in grado di risolvere i propri problemi nel modo in cui ci si aspetterebbe dal Paese che è il punto di riferimento del mondo intero: si allarga quindi la ferita di credibilità che ormai da anni ha colpito Washington e questa debolezza si è riflessa in modo particolare sul dollaro.

Alle già numerose incertezze sulla ripresa si aggiunge quindi anche il problema Stati Uniti: potrà anche essere vero, come dicono i tedeschi, che il rischio per l’economia globale si sta spostando dall’Europa verso i paesi emergenti, tuttavia molti problemi continuano a rimanere irrisolti anche in Occidente. La recessione potrà anche essere finita in Europa, ma altri indicatori economici, come la disoccupazione e la produzione industriale, non consentono di essere pienamente ottimisti, e che quindi la ripresa attualmente in atto, almeno nel senso tecnico del termine, potrebbe rivelarsi semplicemente come un rimbalzo prima di un nuovo crollo, come ha rilevato il Centre for Economic Policy Research nel corso della settimana. Adesso all’incertezza bisognerà aggiungere anche le difficoltà del legislatore americano.

L’agenda macroeconomica della settimana vede fra i dati più importanti per la giornata di lunedì il numero delle vendite di abitazioni esistenti negli Stati Uniti, che dovrebbe risultare in calo su base mensile.

Martedì, terminato il blocco governativo degli Stati Uniti, dovrebbe finalmente essere reso noto il report sul mercato del lavoro: previsto un tasso di disoccupazione fermo al 7,3 per cento e un aumento dei posti di lavoro nei settori non agricoli di 11 mila unità in più rispetto al mese precedente, quando si fermarono a quota 169 mila. Mercoledì verranno rese note le minute nell’ultimo incontro della Bank of England sulla politica monetaria.

Giovedì sarà la giornata in cui usciranno diversi indici dei direttori degli acquisti che misurano l’attività economica e forniscono uno strumento di predizione circa l’andamento futuro dell’economia: tutti gli indici dovrebbero risultare in espansione. I nuovi sussidi di disoccupazione degli Stati Uniti dovrebbero scendere a 340 mila unità, beneficiando della fine della shutdown, mentre le vendite di nuove abitazioni negli Stati Uniti dovrebbero aumentare di 4 mila unità a quota 425 mila.

Giornata particolarmente ricca quella di venerdì, che comincerà con l’indice dei prezzi al consumo giapponese,che dovrebbe confermare la crescita dell’inflazione anche se probabilmente ancora una volta sarà guidata dai prezzi dell’energia. Verrà reso noto l’indice IFO che misura il sentimento delle aziende, il quale dovrebbe risultare in leggero miglioramento a 108 punti.

Conosceremo inoltre le vendite al dettaglio Italiane che su base mensile dovrebbero continuare a cadere dello 0,2 per cento; verrà inoltre resa nota la stima preliminare del prodotto interno lordo del Regno Unito, che dovrebbe risultare, secondo gli analisti, in crescita dello 0,8 per cento su base trimestrale. Dagli Stati Uniti gli ordinativi di beni durevoli dovrebbero ritornare alla crescita, facendo sperare in una maggiore attività economica nel prossimo futuro.