Se i “governativi” del Pdl lavorano per non giocarsi il futuro

Pubblicato il 4 Novembre 2013 alle 14:57 Autore: Gabriele Maestri
Legge elettorale, reazioni di Quagliariello e Violante dopo motivazioni Consulta

Per trovare un ritratto fenomenale di alcuni tra i personaggi della scena politica più citati nelle ultime settimane, si può prendere l’intervista alla senatrice Pdl Manuela Repetti pubblicata sabato dal Corriere. ”Quando guardo Quagliariello e quelli come lui… la Lorenzin, la De Girolamo, Lupi… Sa a cosa penso? Vado oltre la politica, precipito nel sentimento e mi chiedo: ma la riconoscenza? Certi valori condivisi fino a due mesi fa? Possibile che per opportunismo, si possa ignorare il passato?

Di certo la considerazione non farà piacere a Gaetano Quagliariello e agli altri soggetti citati, ma la cosa non desta scalpore. Così come non è nuova l’accusa di irriconoscenza in politica, pronta a scattare ogni volta che qualcuno cambia idea e fa venire meno il suo sostegno a chi ritiene di averne bisogno: che la defezione avvenga per questioni di coscienza o di interesse (o entrambe le cose insieme, cosa tutt’altro che rara), il marchio di infamia arriva comunque, quindi c’è poco di che stupirsi.

quagliariello avverte il pdl numeri sempre pia a favore esecutivo

Eppure è proprio la posizione di Quagliariello a essere molto interessante, specie se si tiene conto di quello che ha detto in questi giorni. Lui stesso, infatti, ha ricordato più volte che Berlusconi decadrà comunque, se non per il voto sull’applicazione della legge Severino, senz’altro per l’interdizione dai pubblici uffici: il centrodestra rimarrebbe comunque senza un leader (per lo meno, senza un capo del tutto libero di operare). Il che equivale a dire che per Quagliariello sull’indisponibilità futura di Berlusconi non si discute, è solo questione di tempo.

Una possibile soluzione a questa mancanza la indica lui stesso: posto che il Pdl (e Forza Italia, una volta che la riattivazione sarà compiuta) “nei prossimi dodici mesi deve innanzitutto lavorare sodo per il Paese”, il passo successivo per Quagliariello dovrebbe essere “affidarci allo strumento delle primarie’. Uno strumento che già una volta era stato preannunciato e che è stato tolto di mezzo non appena Berlusconi ha fatto capire che il leader alle elezioni sarebbe stato ancora lui.

alfano quagliariello leader pdl centrodestra

Se ci saranno le primarie, è chiaro che Quagliariello non potrà che sperare nella vittoria di Angelino Alfano. La loro sintonia e vicinanza dell’ultimo periodo potrebbe più facilmente garantire una permanenza serena (e soddisfacente) nel partito a lui come agli altri “governativi” e a chi nel Pdl sostiene le stesse posizioni. Cosa che non sarebbe affatto assicurata se prevalesse un “lealista” come Fitto (o un altro qualunque del gruppo) o se il Cavaliere mantenesse per intero la guida del partito, sia pure fuori dal Parlamento.

Certo, si può obiettare che gli “innovatori” considerati “alfaniani” hanno comunque sottoscritto un appello al presidente del Senato Pietro Grasso per chiedere che garantisca “il rispetto delle regole di votazione disattendendo il parere non vincolante della Giunta”, ripristinando in sostanza lo scrutinio segreto sul voto che riguarderà la decadenza del senatore Berlusconi. Un appello volto a tutelare indirettamente il Cavaliere e a favorirlo – almeno nella mente del Pdl – e che non sembra facilitare la sua uscita dalla vita politica.

Ora, si deve intanto notare che quell’appello, per il Regolamento del Senato, non vale nulla: non vale cioè come richiesta di venti senatori di votare a scrutinio segreto in una delle materie citate dal Regolamento. Per ora l’esame della decadenza di Berlusconi non è stato calendarizzato: solo quando ci sarà una data, altri venti senatori potranno presentare un ordine del giorno motivato per chiedere che Berlusconi non decada (se non lo facessero, non si voterebbe e Berlusconi decadrebbe in automatico). Fino a quel momento, la richiesta di voto segreto non potrà essere presentata. E toccherà comunque a Grasso decidere cosa fare.

piero grasso su tav e muos possibile approccio diverso

Detto questo, però, resta il dubbio: il voto segreto potrebbe favorire Berlusconi, magari per qualche defezione all’interno del Pd e del M5S. Possibile, ma non va sottovalutato che con quell’appello il gruppo di Quagliariello (anche se lui non ha firmato) ha ottenuto due risultati. Innanzitutto finora è l’unico gruppo ad avere preso un’iniziativa concreta di natura parlamentare a sostegno del voto segreto, mentre i “lealisti” dopo la Giunta hanno parlato solo ai media. Nessuno può così accusare Quagliariello e compagni di “infedeltà” e, nel caso il voto rimanesse palese, nessuno potrà incolparli di non avere fatto nulla per evitarlo.

Il secondo risultato, invece, è ancora da ottenere. Con il voto segreto, infatti, sarà più facile per i “governativi” votare a favore della decadenza, se vorranno farlo, senza doversi esporre (avendo solo l’accortezza di non farsi sgamare dai vicini di scranno). Perché è vero che Berlusconi sarebbe decaduto comunque, ma quel voto può accelerare i tempi. Ed è altrettanto vero che l’incandidabilità (per l’interdizione o per la legge Severino) non esclude del tutto il Cavaliere dalla vita politica, ma certamente lo limita non poco.

E’ questa, in fondo, la situazione molto scomoda – anzi, l’ennesimo cul-de-sac della politica italiana – in cui Quagliariello e compagni si sono cacciati. Non possono apertamente sconfessare Berlusconi e mettersi contro di lui, visto che al momento comanda ancora lui e gli elettori potrebbero non gradire. Ma vista la posizione che hanno preso fin qui, devono comunque preparare un piano affidabile e non svantaggioso per il “dopo-Cav”, sperando quindi che la sua vita politica si concluda o si “dimezzi” quanto prima. In questo modo, almeno, non sarebbero loro a rischiare di sparire dalla scena.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
Tutti gli articoli di Gabriele Maestri →