Renzi scuote il governo: “Non si può andare avanti così, 15 giorni decisivi”

Pubblicato il 12 Gennaio 2014 alle 10:41 Autore: Alessandro Genovesi

Lunga intervista del segretario del Pd, Matteo Renzi, al Corriere della Sera. Molti gli argomenti toccati, in primis la tenuta del governo, sulla quale Renzi garantisce una lealtà non incondizionata. “Non si rischia nessuna rottura – assicura il sindaco di Firenze -. Ma guardiamo la realtà: la popolarità del governo è ai minimi, non ci sono più le larghe intese, né l’emergenza finanziaria. Se mi chiedono cos’ha fatto il governo in questi undici mesi faccio più fatica a rispondere. Per questo motivo bisogna cambiare passo”.

E per cambiare passo, anzi, per “cambiare verso”, il Pd dev’essere il pungolo quotidiano dell’esecutivo: “Oggi governiamo noi. Voglio dare una mano a Enrico. Mi sento legato a un vincolo di lealtà: diamo l’ultima chance alla politica di fare le cose. Le mie ambizioni personali sono meno importanti delle ambizioni del Paese: io sono in squadra”. Il problema, e lo ammette senza problemi lo stesso Renzi, è che pare proprio non esserci un grande rapporto fiduciario con il  Presidente del consiglio: “Letta non si fida di me, gliel’ho detto l’altro giorno. Ma sbaglia. Io le cose le dico in faccia. E sono le stesse che dico in pubblico: non uso due registri diversi. Impareremo a conoscerci”.

Ma quindi il governo ci arriva al 2015 o no? “Andare avanti significa non stare fermi – sottolinea il leader Pd -. Quindi, sì, certo, il governo proseguirà per tutto il 2014. Ma non può andare avanti così. Più decisi, più concreti, più rapidi nelle scelte. Vivo l’urgenza come un dramma e mi stupisco che a Roma non si rendano conto della necessità di correre”.

Anche perché le cose da fare sono tantissime: “Saranno quindici giorni decisivi. Dobbiamo votare la legge elettorale. Trasformare il Senato nella Camera delle autonomie, senza elezione e senza indennità. Abolire le province. Tagliare un miliardo di costi della politica: un tema su cui sto ancora aspettando la risposta di Grillo. Se avviamo queste riforme, la politica italiana darà il buon esempio. Allora si potrà anche pensare di andare oltre il vincolo del 3%, per far ripartire l’economia o modificare il lavoro”.

Ecco, il lavoro. Con il “Jobs Act”, da giorni al centro del dibattito politico, che ha fatto storcere il naso al ministro del Lavoro Giovannini. “È sicuramente migliorabile. Compito dei ministri però – avverte Renzi – non è dare giudizi o opinioni, come i professori o gli ospiti dei talk show. Compito dei ministri è fare le cose. Perché la disoccupazione è cresciuta? Giovannini dovrebbe rispondere su questo”.

renzi

Capitolo riforme, tra cui spicca la legge elettorale. Dei tre modelli proposti (Mattarellum corretto, sindaco d’Italia e modello spagnolo) il segretario non dà una preferenza: “Passerà la legge che avrà il consenso più ampio”. Consenso che Renzi intende cercare anche in Forza Italia: “Berlusconi è il leader del principale partito d’opposizione insieme a Grillo. Se serve, lo incontrerò. Per il momento non ne vedo la necessità, proprio perché ancora non ci siamo. Ma non accetto di escludere Forza Italia dalle riforme. Le regole si scrivono insieme anche alle opposizioni e non hanno senso i veti. Di solito mette i veti chi non ha i voti”. Ogni riferimento ad Alfano è puramente voluto.

Infine una battuta sui rapporti con Fassina e la sinistra del partito, uscita pesantemente sconfitta dal congresso: “Un viceministro dell’economia si dimette per i dati della disoccupazione, o per il pasticcio dei 150 euro dati, tolti e ridati agli insegnanti; non per un Chi? Non siamo all’asilo”. Nessun pericolo di scissione all’orizzonte: “Perché dovrebbero andarsene? Perché hanno perso? Non abbiamo cambiato i capigruppo, Cuperlo è presidente. Quando andai io in minoranza, diedi una mano; mi aspetto che l’attuale minoranza faccia altrettanto.Siamo una comunità di persone con idee e storie diverse, ma unite da valori comuni e dall’obiettivo di cambiare l’Italia”.

Renzi, dunque, vuol tenersi stretta l’ala ex comunista anzi, se possibile, la vorrebbe anche ampliare, inglobando nel Pd il partito di Nichi Vendola, Sel: “Perché no? Io sono per il bipartitismo. Pisapia a Milano, Zedda a Cagliari, lo stesso Vendola in Puglia governano con la stessa coalizione con cui governiamo Fassino, Emiliano e io”.

L'autore: Alessandro Genovesi

Classe 1987, laureato in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Udine, è da sempre appassionato di politica e di giornalismo. Oltre ad essere redattore di Termometro Politico, collabora con il quotidiano Il Gazzettino Su twitter è @AlexGen87
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