Casa al Colosseo: Scajola assolto e Anemone prescritto

Pubblicato il 27 Gennaio 2014 alle 22:27 Autore: Giacomo Salvini
Pm chiede tre anni per ex ministro Scajola

La casa con vista sul Colosseo pagata come un box auto è ancora lì, invenduta. Grida vendetta. E soprattutto, grida vendetta il suo possessore Claudio Scajola, ex ministro dello Sviluppo economico dimessosi nel 2010 proprio a causa dello scandalo che fece sogghignare i nostri partner europei; non tanto per l’accusa di finanziamento illecito e una pena di 3 anni richiesta dai pm di Roma, quanto per l’autodifesa dell’allora ministro dello Sviluppo: “Ho scoperto dai giornali che qualcuno ha comprato casa a mia insaputa”. Molti si sbellicarono dalle risate. Eppure, quest’oggi, la questione si è conclusa con l’assoluzione per Scajola perché “il fatto non costituisce reato” mentre per l’imprenditore, Diego Anemone, che aveva pagato il mezzanino “a insaputa” del ministro è stata dichiarata la prescrizione perché è passato troppo tempo.

Naturalmente, per interpretare la sentenza, bisogna aspettare le motivazioni anche se, può essere fornita da subito una probabile spiegazione: è vero che l’imprenditore Anemone, già inquisito per gli scandali della Cricca, avrebbe donato 1,1 milioni (su 1,7 totali) al parlamentare e ministro per potersi “permettere” il mezzanino con vista sul Colosseo. Ma, elemento giuridicamente fondamentale ai fini della sentenza, senza ricevere alcun favore in cambio. Così, è stato individuato il dolo dell’imprenditore e non di Scajola.

Dopo una sì grande soddisfazione, ça va sans dire, non poteva mancare la telefonata a colui che lo scaricò e lo fece decadere dalla sua poltrona governativa: Silvio Berlusconi. “Ho sempre detto la verità. Questo processo non doveva neanche cominciare perché era tutto prescritto: la decisione del giudice di assolvermi assume ancora maggior valore” avrebbe dichiarato Scajola al Cavaliere, “tre anni e 9 mesi di sofferenza che nessuno mi restituirà più. Mi sono dimesso da ministro perché mi sono reso conto che qualsiasi cosa dicessi per difendermi non risultava credibile, anche se era la verità. Ho preferito fermarmi e aspettare perché mi attaccavano da tutte le parti” ha concluso l’ex ministro al telefono con Berlusconi. Delle conversazioni tra i due, conosciamo solo questo, ma probabilmente, pensiamo noi unpo’ malignamente, la telefonata potrebbe essersi aperta così: “Hai visto? Mi avevi scaricato e mi hanno assolto… Da agosto sei un pregiudicato, ora tocca a me?!”

Giacomo Salvini

L'autore: Giacomo Salvini

Studente di Scienze Politiche alla Cesare Alfieri di Firenze. 20 anni, nato a Livorno. Mi occupo di politica e tutto ciò che ci gira intorno. Collaboro con Termometro Politico dal 2013. Su Twitter @salvini_giacomo
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