Istat: Pil sotto il livello del 2000, deficit al 3%, debito/pil al 132,6%

Pubblicato il 3 Marzo 2014 alle 12:31 Autore: Redazione

L’obiettivo di non sforare il 3% è raggiunto. Ma è l’unico dato positivo segnalato dall’Istat, nella certificazione dei conti 2013 dell’Italia, a due giorni dalla “pagella” dei conti che verrà stilata mercoledì dalla Commissione Europea. Se il rapporto deficit/Pil si è mantenuto invariato rispetto al 2012, l’avanzo primario è sceso dal 2.5% al 2.2%. In ribasso dell’1.9% anche il Pil – rispetto all’ultima stima ufficiale del governo che parlava di 1.7% – giunto a livelli inferiori persino rispetto a quelli registrati nel 2000. Male anche il rapporto debito/pil, giunto al record storico di 132.6%, oltre 5 punti in più rispetto al 127% fatto registrare nel 2012.

L’Istat sottolinea il nuovo calo della domanda, con una caduta dei consumi finali (-2.2%) e degli investimenti fissi lordi (-4.7%), mentre c’è un lieve aumento dell’export di beni e servizi (+0.1%). Continua a scendere la spesa per consumi delle famiglie (-2.6% nel 2013, -4% nel 2012), tra cui spicca la diminuzione relativa al settore alimentare (-3.1%), della sanità (-5.7%) e dell’abbigliamento (-5.2%). Cala anche l’import (-2.8%), mentre scende il volume in quasi tutti i settori, ad eccezione di agricoltura, silvicoltura e pesca (+0,3%), con diminuzioni del 3,2% nell’industria in senso stretto, del 5,9% nelle costruzioni e dello 0,9% nei servizi.

stipendi al palo, consumi a picco

Da segnalare la forbice tra domanda estera netta (in aumento dello 0.8%) e domanda nazionale (-2.6%), mentre le scorte restano quasi invariate. Al calo della domanda interna contribuisce inevitabilmente la contrazione dei redditi da lavoro dipendente, diminuiti insieme alle retribuzioni lorde dello 0.5%. Leggera diminuzione per quanto riguarda la pressione fiscale complessiva, pari al 43.8% (-0,2% rispetto al 2012). Per quanto riguarda la Pubblica Amministrazione, l’Istat riscontra un calo sia delle entrate totali (-0.3%) che delle uscite (-0.2%), che si attestano rispettivamente al 48.2% e al 51.2% del Pil. Al calo delle entrate contribuisce il minor gettito relativo ad IMU, Iva ed accise, mentre le minori uscite dipendono anche dalla riduzione dei redditi da lavoro dipendente, con la conferma del blocco dei rinnovi contrattuali e la riduzione di personale.

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