Renzi e l’Europa: Ineluttabili destini

Pubblicato il 9 Marzo 2014 alle 11:18 Autore: Livio Ricciardelli

Nel corso dell’Assemblea Nazionale del Pd del 21 settembre 2013 Matteo Renzi dichiarò che il suo partito, più che concentrarsi sui nominalismi congressuali, avrebbe dovuto discutere (giusto per fare un esempio) dei parametri europei.

Non pochi in realtà notarono come nella dichiarazione di Renzi ci fosse un vizio di fondo. Perché più che parlare gratuitamente di “parametri europei” casomai il partito avrebbe dovuto discutere di “quale politica” portare avanti nei confronti di questi benedetti diktat comunitari. Approccio di gran lunga fallito nel corso della segreteria Bersani quando tra opposti estremismi non si riuscì ad arrivare ad una sintesi in grado di proiettare il partito fuori dai confini nazionali.

Oggi però, con Matteo Renzi alla guida del governo, la linea sembra chiara: se vogliamo puntare sulla leva dello sviluppo occorre ridiscutere alcuni parametri utilizzando come stella polare l’intervento di Giorgio Napolitano al Parlamento Europeo del 4 febbraio: la sola austerità non basta, occorre puntare sugli investimenti per rilanciare la domanda interna.

Le proposte di sbloccare i crediti delle imprese private nei confronti della Pubblica Amministrazione (attraverso la Cassa Depositi e Prestiti) e di tagliare “a doppia cifra” (in termini assoluti…per farlo in termini percentuali ci servono due finanziarie…) il Cuneo Fiscale, nella fattispecie attraverso una riduzione dell’Irpef, vanno in questa direzione.

Ora però il problema diventa d’opportunità. Perché tutti ormai sappiamo che il 1° luglio inizia il semestre europeo dell’Italia. Un’occasione, ma anche una notevole fonte di rischio. Perché se è vero che tra gli obiettivi di Renzi c’è quello di ridiscutere i parametri europei puntando ad un innalzamento della soglia del 3% del rapporto deficit/Pil (soglia tra l’altro ben lontana dall’essere raggiunta anche per paesi “insospettabili” come la Francia) è anche vero che presentarsi al tavolo della guida politica del semestre avendo già violato questi parametri rischia di mettere Renzi in una seria posizione di debolezza.

Solo la restituzione dei crediti delle imprese è una misura che ha effetti micidiali in termini di deficit, e se ne accorse lo stesso governo Letta in bilico tra un deficit del 2.9-3%. Una misura poi come quella della diminuzione delle tasse sul lavoro, per quanto sacrosanta, rende quanto mai ineluttabile il destino dei conti pubblici italiani.

In uno schema di questo tipo con quale forza Renzi potrà assumere un ruolo di leadership europea, tra l’altro nel periodo di rinnovo del presidente del consiglio Ue e del ministro degli affari esteri comunitario, dicendo “si fa così”? In molti penseranno che dietro questo approccio c’è la cattiva fede, perché quel paese non ha fatto “i compiti a casa”?

Lo schema ideale da questo punto di vista sarebbe adottare nel brevissimo periodo, ovvero per i prossimi tre mesi, una politica economica rigorista per poi puntare politicamente a ridiscutere i parametri comunitari da una posizione di forza.

Ma si tratta di uno schema che guarda al lungo periodo, e nel periodo dei tweet e della “politica veloce” non è detto che questa progettualità politica sia coerente con le intenzioni dei singoli.




L'autore: Livio Ricciardelli

Nato a Roma, laureato in Scienze Politiche presso l'Università Roma Tre e giornalista pubblicista. Da sempre vero e proprio drogato di politica, cura per Termometro Politico la rubrica “Settimana Politica”, in cui fa il punto dello stato dei rapporti tra le forze in campo, cercando di cogliere il grande dilemma del nostro tempo: dove va la politica. Su Twitter è @RichardDaley
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