Hong Kong: cosa sta succedendo e cosa potrebbe accadere

Pubblicato il 30 Settembre 2014 alle 11:53 Autore: Antonio Scafati

Terzo giorno di protesta a Hong Kong. Terzo giorno di tensione alta. Terzo giorno in strada per gli studenti che chiedono più democrazia. Ma la risposta del governo centrale resta inflessibile.

“I fondatori di Occupy Central (la principale sigla dei dimostranti, ndr) avevano detto ripetutamente che, se il movimento fosse finito fuori controllo, loro lo avrebbero fermato. Ora sto chiedendo loro di rispettare le loro promesse e fermare immediatamente questa campagna”, ha dichiarato Leung Chun-Ying, ‘governatore’ di Hong Kong, che ha alle sue spalle Pechino: “Sosteniamo totalmente il governo della regione autonoma speciale di Hong Kong” ha detto il portavoce della diplomazia cinese Hua Chunying, secondo il quale le manifestazioni sono “attività illegali”.

“Se Leung Chun-Ying annunciasse le sue dimissioni questa occupazione al limite sarà sospesa temporaneamente per un breve periodo per poi decidere la prossima mossa” ha replicato il movimento Occupy Central: “Sarebbe un segnale molto importante che almeno il governo ha cambiato il suo atteggiamento e vuole risolvere la crisi”. Occupy Central “non è una questione di giorni, durerà per un periodo relativamente lungo anche se Pechino non cambierà idea”.

Hong Kong

Ding Yuin ShanCC BY 2.0

Hong Kong gode di una certa dose di autonomia. È Cina, ma per molti aspetti non lo è. La sintesi l’ha fatta il New York Times: “Hong Kong appartiene alla Cina, ma i movimenti politici alla base delle proteste nel quartiere finanziario della città non avrebbero mai attecchito in qualsiasi altra città cinese”. L’equilibrio del ‘un paese, due sistemi’ sta andando in cortocircuito. Negli ultimi anni la sfiducia nel governo di Pechino è cresciuta sensibilmente. Molti manifestanti accusano la Cina di cercare di esercitare un controllo massiccio su tutto ciò che riguarda la vita di Hong Kong, a cominciare dalla decisione di voler approvare attraverso una commissione composta da 1.400 persone nominate da Pechino le candidature per le elezioni del 2017.

La Cina non sembra intenzionata a fare passi indietro. I manifestanti neppure. Entrambe le parti sembrano preparate a uno scontro lungo. I dimostranti, soprattutto studenti, combattono per raggiungere quello che ritengono un futuro migliore. Le autorità cinesi non possono mostrare segni di debolezza, rimangiandosi decisioni prese solo poche settimane fa: cedere a Hong Kong potrebbe significare dover affrontare simili proteste anche in altre zone del paese, Taiwan in testa. Non a caso ciò che sta accadendo a Hong Kong è stato pesantemente censurato dalle autorità cinesi.

Quella di domani è una giornata cerchiata in rosso sul calendario: si festeggia infatti il 65esimo anniversario della Repubblica Popolare Cinese. I manifestanti temono che la polizia possa procedere con azioni ancor più dure nel tentativo di bloccare le proteste. Se le manifestazioni dovessero andare avanti anche domani, è probabile che molta altra gente si unirà alla protesta. La Cina vuole chiudere in fretta la partita ma deve muoversi con cautela: come sottolineato dal Washington Post, ogni volta che la polizia reagisce duramente i manifestanti aumentano di numero.

Immagine in evidenza: photo by Photo by Ding Yuin ShanCC BY 2.0

L'autore: Antonio Scafati

Antonio Scafati è nato a Roma nel 1984. Dopo la gavetta presso alcune testate locali è approdato alla redazione Tg di RomaUno tv, la più importante emittente televisiva privata del Lazio, dove è rimasto per due anni e mezzo. Si è occupato per anni di paesi scandinavi: ha firmato articoli su diverse testate tra cui Area, L’Occidentale, Lettera43. È autore di “Rugby per non frequentanti”, guida multimediale edita da Il Menocchio. Ha coordinato la redazione Esteri di TermometroPolitico fino al dicembre 2014. Follow @antonio_scafati
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