Dl Irpef, Visco “Addio a ossessione rigore dell’Ue”

Pubblicato il 22 Aprile 2014 alle 15:03 Autore: Gabriele Maestri

Per l’ex ministro dell’economia Vincenzo Visco le misure del governo “sono un tentativo di capovolgere le aspettative degli italiani aumentando di fatto i salari dei ceti medio-bassi di circa 1000 euro l’anno. Potrebbe funzionare, e per accorgersene bastava andare in giro, in questi giorni non si parla d’altro”.

Intervistato dalla Stampa l’ex ministro del Tesoro sottolinea: “purtroppo nel contesto europeo si continua a ribadire la necessità del rigore, come ha fatto anche in questi giorni Juncker, peraltro candidato del Ppe. A me sembrano matti – afferma Visco – praticamente siamo in una tragedia degna del dopoguerra, usciamo da un bombardamento. Si può discutere delle responsabilità della Grecia, o dell’Italia, ma il punto sono i risultati delle politiche della Ue: credono che la crescita si possa produrre da sola”.

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Comunicare all’Europa il rinvio del pareggio di bilancio al 2016 “è stata una mossa necessaria, e anche giusta”. “Ma l’Europa è in una condizione di ripresa stentata e non stabile, e può darsi che la modesta crescita si afflosci, che senso ha continuare col rigore? Occorre mettere in discussione la cultura liberista dominante dagli anni ’80”.

“Renzi ha la capacità di stare in sintonia in tempo reale con la pubblica opinione, che anzi a volte asseconda anche troppo – aggiunge -. Piace il blocco dei salari pubblici senza alcuna differenziazione, piace la penalizzazione delle banche, peraltro contraddittoria con la necessità che diano più prestiti, piace che mandi a piedi i sottosegretari… si può creare, certo, un cortocircuito tra la fretta renziana e il predisporre provvedimenti realmente efficaci. Ma erano insopportabili la prudenza e la lentezza di prima”.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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