Europa o Brics: il dilemma africano

Pubblicato il 23 Marzo 2015 alle 12:20 Autore: Raffaele Masto

Tra il 2002 e il 2012 le economie africane sono cresciute come nessun’altra al mondo, il valore del commercio e delle esportazioni di materie prime (incluso il petrolio) è passato da 156 miliardi di dollari a 688 miliardi.

Europa o Brics

Proprio durante questo “risveglio” l’Europa ha cominciato a perdere terreno. Il Vecchio Continente resta ancora il principale partner commerciale dell’Africa, ma se si escludono i paesi del Maghreb e ci si concentra sulla maggior parte del continente, sull’Africa subsahariana, il quadro cambia. A sud del Sahara oggi è la Cina il principale partner commerciale.

Sempre tra il 2002 e il 2012 la fetta delle esportazioni subsahariane verso i paesi Bric (Brasile, Russia, India e Cina) è passata dal 9% al 36%. Anche considerando gli investimenti diretti la situazione degli ultimi anni segnala un mutamento nelle tendenze.

Gli investimenti stranieri diretti sono aumentati dai 10,7 miliardi di dollari del 2002 ai 38,5 miliardi del 2012. E se la maggior parte continua ad arrivare dalle economie avanzate, i Brics (includendo anche il Sudafrica) tra il 2009 e il 2011 hanno dedicato all’Africa il 4% dei loro investimenti, a fronte del 3% degli europei.

Insomma da questi dati si deduce che l’Europa potrebbe fare di più. Certo, è vero! Ma il problema non riguarda solo l’Europa che probabilmente non riesce a fare di più, ma riguarda i limiti che il Vecchio Continente oggi ha.

africa Brics

La sfida africana

Mi spiego con un esempio. Oggi l’Europa sarebbe molto contenta se il miliardo di africani avesse un potere d’acquisto tale da poter comprare prodotti e servizi che, per la crisi, non riusciamo più a vendere.

Il problema è che le economie emergenti (quelle che ci stanno superando nella competizione in Africa) hanno un altra priorità, cioè fare quello che hanno fatto le potenze occidentali fino ad ora: ottenere materie prima a prezzi vantaggiosi per finanziare un allargamento del benessere.

Un solo esempio: Cina, un miliardo e 300 milioni di persone che hanno lavorato in condizioni durissime per costruire una grande potenza mondiale. L’hanno costruita e ora esigono benessere a livello occidentale. I loro dirigenti sanno che se non elargiranno benessere non staranno più al potere. Ecco perché l’Africa è diventata cruciale.

Dal punto di vista degli africani però le cose stanno diversamente che per europei e cinesi: riusciranno finalmente a diventare un mercato vero (con risorse e un potere d’acquisto vero), oppure continueranno a rimanere un serbatoio di materie prime e mano d’opera a basso costo?

L'autore: Raffaele Masto

Giornalista di Radio Popolare-Popolare Network. E' stato inviato in Medio Oriente, in America Latina ma soprattutto in Africa dove ha seguito le crisi politiche e i conflitti degli ultimi 25 anni. Per Sperling e Kupfer ha scritto "In Africa", "L'Africa del Tesoro". Sempre per Sperling e Kupfer ha scritto "Io Safiya" la storia di una donna nigeriana condannata alla lapidazione per adulterio. Questo libro è stato tradotto in sedici paesi. L'ultimo suo libro è uscito per per Mondadori: "Buongiorno Africa" (2011). E' inoltre autore del blog Buongiornoafrica.it
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