Partiti, il disegno di legge del Pd ai raggi X

Pubblicato il 28 Maggio 2015 alle 14:04 Autore: Gabriele Maestri
banner partiti simboli

Curioso destino, quello dei partiti italiani: hanno vissuto in piena sregolatezza per oltre 65 anni – a dispetto dei tentativi sempre falliti di dettare norme minime sulla loro vita interna ed esterna – mentre in pochi mesi potrebbero veder completata la cornice sulla loro “democrazia interna”, impostata a fine 2013. Col deposito, martedì, di due proposte di legge gemelle del Pd, l’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione – “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale” – potrebbe finalmente compiersi.

Quel testo (al Senato avrà il numero 1938, alla Camera il ddl sarà annunciato alla prossima seduta, il 3 giugno) non è il primo tentativo del Parlamento in carica di finire l’opera. Dall’inizio della legislatura ai giorni scorsi, infatti, venti articolati si sono occupati almeno in parte di “democrazia interna” (oltre a quelli relativi al solo finanziamento alla politica): l’ultimo, del senatore Luis Orellana, è del 21 maggio. Il testo del Pd, però, sembra più forte, per il numero di parlamentari su cui può contare e per la sua condivisione tra le anime dem: al Senato primi firmatari sono Luigi Zanda e Anna Finocchiaro, alla Camera il vicesegretario Lorenzo Guerini, il presidente Matteo Orfini e Nico Stumpo.

orfini, guerini, stumpo e de maria in conferenza stampa al nazareno

REGOLE DA COMPLETARE: PERSONALITA’ GIURIDICA E ATTI PUBBLICI

Il testo del progetto consta di tre articoli, organizzati in più punti. L’art. 1 modifica il decreto-legge n. 149/2013 – convertito dalla legge n. 13/2014 – che, oltre a sostituire i rimborsi elettorali con un nuovo sistema di provvidenze pubbliche per i partiti, aveva posto fine alla cronica inattuazione dell’art. 49 Cost., dettando forma e contenuti minimi dello statuto. L’art. 2 del decreto oggi parafrasa il testo dello stesso art. 49, mentre il ddl marca il ruolo dei partiti come promotori della “partecipazione dei cittadini alla determinazione della politica nazionale”: ciò avviene con “l’elaborazione di visioni ideali e programmi per il governo delle comunità locali e del Paese, la formazione politica, la selezione, la presentazione e il sostegno di candidati alle elezioni per cariche pubbliche” e si dice chiaramente che il “metodo democratico” per i partiti riguarda pure “la loro vita interna e la loro iniziativa politica”.

La modifica dell’art. 3 introduce due novità fondamentali, escluse dal decreto n. 149 anche se erano state discusse nella legislatura precedente. Se fino a oggi la forma dei partiti politici è stata l’associazione non riconosciuta (come da art. 36 del codice civile, valido pure per una bocciofila o un circolo), l’intervento proposto dal Pd vuole dare più riconoscimento ai partiti attribuendo loro la personalità giuridica.

registro nazionale partiti

Ciò comporta in primis controlli amministrativi a monte, con l’esame dei documenti fondativi da parte della “Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici” (e non del prefetto), cosa che in parte già avviene; ci sarebbe poi maggiore pubblicità, con l’inserimento obbligatorio in un registro (che per i partiti c’è già, ma sarebbe equiparato a quelli di associazioni e fondazioni). Le associazioni riconosciute – non gli enti di fatto – godono di un’autonomia patrimoniale perfetta: il patrimonio del partito sarebbe distinto da quello degli iscritti (che quindi non rischierebbero le loro risorse personali, cosa che capiterebbe agli amministratori se il partito non fosse iscritto nel registro) e sarebbero dovuti vari adempimenti documentari (specie in tema di libri contabili e di bilancio). Da ultimo, si ufficializzerebbe il potere del giudice di annullare le delibere degli organi del partito, se contrarie ai suoi documenti fondamentali o alla legge, su istanza degli organi stessi, di ogni socio e – novità per le associazioni politiche – del pubblico ministero (e il governo potrebbe sospendere l’esecuzione delle delibere contrarie all’ordine pubblico o al buon costume).

La nuova proposta di legge precisa che la personalità giuridica discende dall’iscrizione al registro nazionale dei partiti e che ad essi si applicano tutte le regole – previste dal codice civile e dal d.P.R. n. 361/2000 – valide per le associazioni riconosciute, derogate solo dalle norme speciali sui partiti. Il riconoscimento della personalità giuridica è condizione necessaria perché un partito possa godere dei benefici previsti dal decreto-legge n. 149/2013 (a partire dal due per mille Irpef), che già ora concede tali vantaggi solo dopo che lo statuto dell’associazione sia stato positivamente valutato dalla commissione.

Atti costitutivi partiti

La seconda novità importante, non considerata nel 2013, riguarda la necessità di stipulare anche l’atto costitutivo nella forma dell’atto pubblico, cosa che oggi è già richiesta per il solo statuto. Nella realtà questo già avviene molto spesso, per cui entrambi gli atti sono già formati da un notaio, ma se le norme proposte saranno approvate, sarà ufficialmente obbligatorio dare ai due documenti più importanti della vita del partito (e alle modifiche statutarie) la forma documentale più solenne prevista in Italia, che prevede l’intervento di un pubblico ufficiale e – come si vedrà – indica una data certa.

Tra i contenuti obbligatori dello statuto, poi, rientrerebbero “le forme e le modalità di adesione” (il nuovo testo, si noti, non parla di “iscrizione”, perché più di uno statuto non la prevede, mentre “adesione” è più generico); in più, se ora vanno specificate le modalità di selezione delle candidature alle elezioni di ogni livello, il ddl precisa che lo statuto, quando indica “le modalità di partecipazione degli aderenti alle fasi di formazione della proposta politica dei partiti”, deve farlo pure con riferimento alla “designazione dei candidati alle elezioni”. Non è un obbligo di svolgere le primarie (ma il Pd si riserva di proporre nuove norme sulla selezione delle candidature, come nell’ambito delicato delle fondazioni politiche, vere “cassaforti” di oggi), ma il nuovo testo parrebbe dire che un minimo di peso sulla scelta dei candidati, anche solo in chiave consultiva, la voce degli iscritti deve averlo.

SENZA PERSONALITA’, NIENTE ELEZIONI?

Quanto detto sin qui assume un peso ancora più importante se si considera il contenuto dell’art. 2 del ddl presentato dal Pd: esso interviene invece sul testo unico per l’elezione della Camera (nella parte che contiene le norme sul procedimento preparatorio, applicabili alle elezioni politiche ed europee) e aggrava non poco le condizioni per poter partecipare a quelle consultazioni elettorali, richiedendo espressamente che chi partecipa alle elezioni sia iscritto al registro dei partiti.

Simboli Viminale partiti

Per anni, il primo adempimento richiesto ai partiti e ai “gruppi politici organizzati” che volevano partecipare al voto è stato solo il deposito al Viminale del contrassegno elettorale (cui nel 2005 si è aggiunta la presentazione del programma e del capo della forza politica o, finché è stata possibile, della coalizione). L’Italicum aveva richiesto anche il deposito dello statuto redatto per atto pubblico: un modo per richiedere più trasparenza, certo, ma anche per bloccare meglio (almeno nell’idea di chi aveva proposto la norma) chi utilizzava simboli uguali o confondibili senza averne titolo; non era chiaro però se l’obbligo riguardasse solo i partiti secondo la definizione dello stesso decreto-legge o anche i “gruppi politici organizzati”, così come non era prevista alcuna sanzione esplicita in caso di mancato deposito del documento e, per giunta, non sembrava risolutivo il riferimento al solo statuto, poiché la data dell’atto notarile poteva anche non coincidere con la reale fondazione del partito.

Stavolta, tuttavia, il testo del ddl non concede scappatoie: nella nuova formulazione dell’art. 14, comma 1 del testo unico Camera, l’iscrizione al registro sarebbe obbligatoria per partiti e gruppi organizzati, senza alcuna eccezione. Verrebbe poi introdotta, come sanzione espressa, la ricusazione delle liste presentate da partiti o gruppi non iscritti nello stesso registro. A ulteriore conferma dello strettissimo legame tra disciplina dei partiti e nuova legge elettorale – lo stesso Guerini ha notato come l’avvento del premio alla lista debba richiedere ai partiti maggiori adempimenti in tema di democrazia interna – l’ultimo comma dell’art. 2 precisa che l’obbligo di registrazione si applica solo dal 1º luglio 2016, stessa data da cui si fa decorrere l’applicazione dell’Italicum.

preferenze partiti liste

Quale sarebbe la ricaduta pratica di queste norme? Di fatto, qualunque forza politica voglia partecipare alle elezioni – che sia un “partito” classico, una “maxilista” o anche un gruppo sociale che decida di concorrere al voto – è chiamata ad attivarsi per tempo con le procedure di registrazione (con la consegna di statuto e atto costitutivo alla Commissione), poiché è necessario che la registrazione del partito o del gruppo avvenga entro le ore 20 del 34º giorno che precede il voto, ossia entro i termini stabiliti per la consegna delle liste agli uffici elettorali circoscrizionali. A rigore, in realtà, l’iscrizione dovrebbe sussistere già all’atto del deposito del simbolo (questo suggerisce il nuovo testo dell’art. 14 tu Camera), ma il fatto che la sanzione sia applicata solo in sede di presentazione di liste fa pensare che l’esame da parte del Ministero dell’interno sia meno severo (per cautelarsi, tuttavia, i funzionari potrebbero chiedere almeno prova documentale dell’inizio del procedimento di registrazione).

Certamente le norme proposte metterebbero in difficoltà le liste “di disturbo”, create in extremis per infastidire questo o quel partito (sia per il costo degli atti pubblici, sia per i tempi che le procedure richiederebbero). Non avrebbero però vita facile nemmeno i gruppi sociali che volessero partecipare alle elezioni e persino le “maxiliste” o i “listoni” elettorali, nati per puntare al premio di maggioranza o al superamento dello sbarramento: tutti dovrebbero correre maledettamente per rispettare le scadenze, soprattutto in caso di elezioni anticipate. In più, il blocco per i partiti non registrati è accettabile, nell’ottica dei principi di democrazia e partecipazione, solo se la Commissione riesce a lavorare in fretta e in modo efficace, garantendo l’esame degli atti in tempo utile. Su quest’ultimo punto è all’esame della Camera una proposta di legge, a firma del Pd Sergio Buccadutri; su tutti gli altri aspetti, sarà il dibattito parlamentare a esprimersi (del resto per lo stesso Pd quello presentato è un testo aperto e modificabile e i problemi, anche di ordine pratico, potranno essere affrontati in commissione o in aula).

UNA RIFORMA CONTRO IL M5S?

In tanti hanno voluto vedere in queste norme sulla registrazione e sulla personalità giuridica un “trappolone” per il MoVimento 5 Stelle, che nella sua natura ha rifiutato la struttura e l’organizzazione classica del partito. Personalmene non sono d’accordo: come è stato messo in luce, infatti, il M5S ha già un proprio atto costitutivo e uno statuto nella forma dell’atto pubblico redatto da notaio, oltre al “non-statuto” di cui si è parlato a lungo.

m5s partiti

Certo, lo statuto notarile non è ancora pienamente conforme a quanto già ora chiede il decreto-legge n. 149/2013 e forse anche per questo il documento non ha ancora raccolto il giudizio favorevole della Commissione statuti (ma è in “buona” compagnia: sono nella stessa situazione anche Forza Italia e, per assurdo, lo stesso Pd); con alcune modifiche, tuttavia, i requisiti di legge potrebbero essere rispettati. Anzi, potrebbe essere la volta buona per rendere maggiormente coerenti i dettami dello statuto con quelli del “non-statuto” – magari richiamandoli direttamente – come alcuni militanti hanno rivendicato in più occasioni. Anche lì, però, qualche modifica sarà necessaria, specie quando è scritto che il M5S “non è un partito, né si intende che lo diventi in futuro”: si potrebbe forse precisare nell’atto che la forma partito è assunta per il mero rispetto della legge, mantenendo intatto il più possibile il resto delle regole.

Non c’è dubbio, in ogni caso, sul fatto che la registrazione del M5S come partito farebbe sottoporre tutte le delibere interne allo stesso controllo governativo e (soprattutto) giudiziario previsto per gli altri partiti. Questo equivale alla fine o allo snaturamento completo del progetto avviato da Beppe Grillo? Probabilmente no, anche se determinate procedure – specie relativamente all’adesione, alla permanenza nel MoVimento e all’espulsione da esso – probabilmente dovranno essere strutturate in modo diverso.

UN TESTO UNICO PER SEMPLIFICARE

Da ultimo, l’art. 3 del progetto di legge delega il Governo ad adottare, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge sui partiti, un testo unico che raccolga e coordini tutte le disposizioni primarie in materia di disciplina dell’attività politica, campagne elettorali, comunicazione politica, rendicontazione delle spese elettorali, agevolazioni per partiti e gruppi organizzati, organi di controllo e sanzioni. Di fatto, un testo unico sul procedimento elettorale, che metta ordine in una selva di norme stratificatesi negli anni.

manuale elettorale camera partiti

L’esigenza di semplificare il quadro normativo è davvero indifferibile: per avere un’idea plastica della situazione, basta sfogliare il Manuale elettorale redatto dal Servizio studi della Camera per le ultime elezioni politiche, oltre 450 pagine per raccogliere tutte le norme vigenti, molte delle quali sono vecchie di oltre mezzo secolo. In effetti, già la legge n. 96/2012 aveva previsto qualcosa di simile, ma il Governo non aveva esercitato la delega. Se il ddl dovesse completare il suo percorso, si dovrà sperare che questa sia l’occasione buona.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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