Parlamento Europeo, il M5S ha scelto Farage

Pubblicato il 12 Giugno 2014 alle 17:59 Autore: Piotr Zygulski
Parlamento Europeo, il M5S ha scelto Farage

Il M5S entrerà nel EFD, il gruppo anti-euro, al cui interno c’è Nigel Farage, leader dell’UKIP. A deciderlo sono state le consultazioni web lanciate sul blog di Beppe Grillo. Ed è stato un plebiscito. Il 78,1% dei votanti ha scelto il Gruppo EFD pari a 23.121 persone su un totale di 29.584. I Non Iscritti e il Gruppo ECR hanno ricevuto rispettivamente l’11,9% e il 10%. Alla fine è passata la linea di Grillo, ma era difficile immaginare un risultato diverso dopo l’esclusione dei Verdi dalla consultazione. Un’esclusione che ha spaccato il Movimento. In molti hanno ammesso che, viste le opzioni sul tavolo, l’unica scelta possibile era votare Farage turandosi il naso. E così è stato. Ora saranno i gruppi parlamentari dei Cinque Stelle a ratificare la decisione presa dal web.

LE TRE OPZIONI – La prima (e forse unica) opzione offerta agli attivisti era appunto il tentativo di ricostituzione del gruppo “anti-euro” EFD con il discusso Nigel Farage, leader dell’UKIP, il quale si appella ad un’alleanza per contrastare l’establishment di Bruxelles e per promuovere la democrazia diretta. Lanciando frecciate contro Renzi, ma soprattutto contro i Verdi e i Conservatori dell’ECR, a suo dire entrambi collusi con l’eurocrazia e per giunta sostenitori dell’intervento militare contro la Libia e oggi contro la Siria, nel video-appello Farage smonta facilmente le accuse di razzismo, misoginia, antisemitismo, omofobia a lui rivolte pretestuosamente per scongiurare un rafforzamento dello schieramento euroscettico – “tra i 24 deputati c’è un omosessuale dichiarato, un uomo d’affari mussulmano, molti candidati di diverse etnie, ebrei e sette donne. Siamo un partito “open-minded” stiamo lottando contro la casta” – e ammicca al M5S, che è forse l’unica speranza a lui rimasta per poter ricostituire il gruppo EFD in difficoltà, da tempo abbandonato anche dalla nostrana Lega Nord e dal Front National della Le Pen.

La seconda alternativa era il gruppo dei Conservatori dell’ECR, che hanno manifestato interesse alla delegazione italiana del M5S e nel loro video-appello di Syed Kamall invocano più democraticità nelle decisioni e una maggiore tutela degli interessi nazionali nelle istituzioni europee. Tuttavia, anche per via della tradizionale identificazione con i Tories britannici, e quindi con la Destra conservatrice con la D maiuscola, difficilmente tale interesse sarà corrisposto, anche perché la compatibilità programmatica con il Movimento 5 Stelle sembra essere molto bassa, eccettuato l’eurocriticismo.

Infine la possibilità di restare tra i Non-Iscritti, che è stata ad un tempo contemplata e deprecata da un video ufficiale del M5S che esortava a scegliere un gruppo, perché i non iscritti avrebbero meno potere decisionale (vero) e non hanno cariche nelle istituzioni europee (ma chi ha votato M5S lo ha fatto forse per invitarlo ad accaparrarsi poltrone?)… Qui sono confluiti i voti degli anti-Farage, che hanno considerato questa consultazione un diktat, una triste parodia della democrazia diretta. Essi auspicano quindi la riapertura dei negoziati con altre forze politiche.

MOVIMENTO 5 STELLE SPACCATO – Tra i parlamentari del Movimento 5 Stelle si è distinta la posizione critica di Francesco D’Uva, che ha raccolto le voci dei “tanti attivisti che si aspettavano di dover scegliere tra Ukip e Verdi” e che non ritengono “normale che non si possano votare i Verdi nella votazione online sul blog per scegliere il gruppo a cui accorparci”. D’Uva ha ammesso che “è vero che i Verdi non hanno tutta questa voglia di accoglierci” e stanno fingendo “un’apertura e poi dare la colpa a noi, ma non prenderli nemmeno in considerazione nella votazione non ha alcun senso, soprattutto se, come indicato nel post scriptum, “nel caso la soluzione più votata non sia praticabile, sarà perseguita la successiva più votata”.

Il M5S

Critico anche il deputato Stefano Vignaroli, che ha parlato di “opzioni scarsamente pluralistiche” e si mostrava indeciso tra l’opzione di “non votare il sondaggio sul blog o votare di non iscriversi”, mentre Luigi Gallo, anch’egli parlamentare M5S alla Camera, ha definito la consultazione un “grosso errore”. La deputata Giulia Sarti ha mostrato una foto dichiarando di votare “turandomi il naso per il gruppo europeo: conservatori e riformisti, i nipotini di Churchill. Solo per non far vincere Farage”. Invece si sono espressi a favore dell’EFD di Farage la portavoce Paola Taverna, il senatore Alberto Airola e il deputato Manlio Di Stefano, che ha approvato la scelta di escludere i Verdi dalle opzioni votabili: “Dai Verdi c’è stato un balletto scandaloso”. Dello stesso avviso Angelo Tofalo: “Da parte dei Verdi non c’è stata alcuna trattativa ufficiale, nessuna risposta ufficiali”.

Questa consultazione tuttavia lascia non poche perplessità, in primis perché i “responsabili della comunicazione” del M5S, siano essi Messora, Grillo e Casaleggio (o chi per loro), avrebbero potuto osare di più e proporre tra le alternative tutti i gruppi, inclusi i Verdi europei – che, nonostante ponessero veti e condizioni, sembravano riscuotere un discreto consenso del dissenso interno al M5S – ma anche ad esempio la sinistra europea del GUE/NGL, con i quali vi erano ampie sintonie programmatiche evidenziate anche dalla nostra analisi sulle affinità tra i partiti europei.

Sarebbe stato decisamente meglio proporre come opzioni tutti i gruppi, intanto i voti sarebbero convenuti comunque su quelli principali. Perché non lo hanno fatto? Qui si rivelano palesemente i timori nei confronti dei Verdi da parte di chi ha le “chiavi di casa” del blog di Grillo e di tutti i canali social, che tentano di giustificarsi per aver indicato solo le “opzioni reali, con caratteristiche certe”, ossia i “gruppi che hanno avviato con il M5S un negoziato formale”.

Ora non si può dire che si sia stata una votazione massimamente democratica, ma forse è leggermente meglio del “plebiscito” di ratifica previsto dal regolamento interno: in altre parole, gli elettori lasciavano un mandato esplorativo a Grillo, che avrebbe dovuto elaborare una proposta da sottoporre poi agli iscritti, con la facoltà di accettarla o respingerla.

Comunque sia è innegabile che i comunicatori del M5S, dopo le titubanze in campagna elettorale, hanno deciso di sposare una linea più marcatamente euroscettica, forse per recuperare le frange “antieuro” che si stavano lentamente defilando. E gli attivisti, con questa consultazione – pur con qualche distinguo – sembrano approvare tale rotta maggiormente sovranista.

L'autore: Piotr Zygulski

Piotr Zygulski (Genova, 1993) è giornalista pubblicista. È autore di monografie sui pensatori post-marxisti Costanzo Preve e Gianfranco La Grassa, oltre a pubblicazioni in ambito teologico. Nel 2016 si è laureato in Economia e Commercio presso l'Università di Genova, proseguendo gli studi magistrali in Filosofia all'Università di Perugia e all'Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI), discutendo una tesi su una lettura trinitaria dell'attualismo di Giovanni Gentile. Attualmente è dottorando all'Istituto Universitario Sophia in Escatologia, con uno sguardo sulla teologia islamica sciita, in collaborazione con il Risalat Institute di Qom, in Iran. Dal 2016 dirige la rivista di dibattito ecclesiale Nipoti di Maritain. Interessato da sempre alla politica e ai suoi rapporti con l’economia e con la filosofia, fa parte di Termometro Politico dal 2014, specializzandosi in sistemi elettorali, modellizzazione dello spazio politico e analisi sondaggi.
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