Essere donne in Afghanistan, anche dopo i Talebani

Pubblicato il 8 Marzo 2016 alle 09:26 Autore: Antonio Scafati
donne in afghanistan

Essere donne in Afghanistan, anche dopo i Talebani

A distanza di anni dall’inizio della guerra e dalla caduta dei Talebani, per le donne l’Afghanistan resta un paese dove vivere è ancora pericoloso. Le riforme politiche sbattono contro prassi e culture consolidate soprattutto nelle aree rurali, dove violenze e abusi restano all’ordine del giorno. Molto è cambiato, ma essere donna in Afghanistan resta difficile.

Sotto il regime dei Talebani alle donne era vietato andare a scuola, lavorare e prendere parte alla vita politica. Potevano uscire di casa solo se accompagnate da un parente maschio, e rigorosamente indossando il burqa.

Caduti i Talebani, tante cose sono cambiate. Quindici anni fa, solo 5.000 bambine frequentavano la scuola primaria. Ora sono quasi tre milioni. Molte afghane lavorano e hanno avviato un’impresa. Movimenti per la difesa delle donne contano tra le loro fila anche giovani maschi che vogliono cambiare il paese. Da cambiare, del resto, c’è ancora molto. L’Afghanistan è un posto dove segnali per sperare in un futuro migliore ci sono, ma è il presente a essere ancora tremendamente complicato.

Moltissime donne vivono ancora tra violenze e paura. Ci si aspetta che restino dentro le loro case. Una su cinque si sposa prima dei sedici anni. Sin da piccole vengono educate a parlare a voce bassa. Spesso vivono isolate e sono vittime di violenza nelle loro stesse comunità.

Non sono solo i Talebani (presenti ancora in diverse zone del paese) a macchiarsi di crimini del genere: spesso le donne sono vittime dei loro stessi parenti. Alcune trovano rifugio presso le poche strutture di assistenza nate nel paese, ma per la maggior parte di loro si tratta di porti sicuri impossibili da raggiungere. E non c’è altra scelta se non quella di restare nella propria casa. Quelle che riescono a scappare raccontano di una società ancora profondamente maschilista.

donne in afghanistan

La nuova costituzione del 2003 sanciva i diritti delle donne e una legge del 2009 si impegnava a mettere un freno alle violenze. Ma a oggi le riforme politiche votate dai governi centrali faticano a penetrare nelle sistema giudiziario e nella vita di tutti i giorni. Per le donne è possibile andare a scuola e impegnarsi in politica solo nelle aree urbane. Al di fuori delle grandi città, il paese è ancora indietro.

Una afghana può essere giudicata colpevole di reati “contro la morale”, etichetta sotto la quale finiscono prostituzione, rapporti fuori dal matrimonio o prima del matrimonio, fughe per evitare nozze forzate. Secondo i dati del ministero dell’Interno afghano, nelle galere delle 29 province del paese ci sono circa 750 donne (alcune solo adolescenti) condannate proprio per reati contro la morale. Ad aspettarle dopo il carcere spesso non c’è niente, perché le loro stesse comunità decidono di ripudiarle.

Di recente Human Rights Watch ha acceso i riflettori sugli abusi sessuali. A centinaia sono sottoposte annualmente a esami vaginali e rettali profondamente invasivi che vengono fatti con lo scopo dichiarato di stabilire se la donna è vergine o se ha abitualmente rapporti sessuali. In alcuni casi queste analisi vengono ripetute più volte nel giro di poco tempo. Spesso la donna viene sottoposta all’esame di fronte a numerosi uomini. Human Rights Watch ha intervistato decine di afghane che hanno vissuto esperienze del genere: alcune avevano appena tredici anni. In alcuni casi questo genere di esami è utilizzato dai tribunali come metodo di raccolta delle prove di rapporti sessuali fuori dal matrimonio, ma la valenza scientifica di queste analisi è pari a zero.

Secondo l’organizzazione Women for Women International, fino a quando le donne afghane non potranno avere autonomia nella società attraverso un lavoro e un reddito il paese non potrà crescere. Human Rights Watch ha invece rivolto direttamente un appello al presidente Ashraf Ghani affinché utilizzi i suoi poteri per fermare la pratica degli esami vaginali e rettali. Ma per ora Ghani ha detto di essere solo “profondamente addolorato”.

L’Afghanistan resta una nazione dove il governo è ancora incapace di far rispettare le leggi e lo stato di diritto soprattutto negli angoli più remoti. Per cambiare la cultura ci vorrà tempo. Toccherà alle nuove generazioni fare dell’Afghanistan ciò che il paese oggi ancora non è.

Antonio Scafati

L'autore: Antonio Scafati

Antonio Scafati è nato a Roma nel 1984. Dopo la gavetta presso alcune testate locali è approdato alla redazione Tg di RomaUno tv, la più importante emittente televisiva privata del Lazio, dove è rimasto per due anni e mezzo. Si è occupato per anni di paesi scandinavi: ha firmato articoli su diverse testate tra cui Area, L’Occidentale, Lettera43. È autore di “Rugby per non frequentanti”, guida multimediale edita da Il Menocchio. Ha coordinato la redazione Esteri di TermometroPolitico fino al dicembre 2014. Follow @antonio_scafati
Tutti gli articoli di Antonio Scafati →