Anm, lo scontro tra Davigo e Renzi

Pubblicato il 11 Aprile 2016 alle 17:28 Autore: Daniele Errera
piercamillo-davigo corruzione

Neanche il tempo di insediarsi che la polemica fra Pier Camillo Davigo e Matteo Renzi infiamma la politica italiana. Sono i temi di dignità e indipendenza della magistratura rispetto al potere esecutivo, il centro della questione. Alle spalle, poi, il non indifferente tema delle intercettazioni e dell’inchiesta petrolio in Basilicata.

“Con il governo bisogna dialogare, ma nel rispetto della nostra dignità”. Parte così, a marcia già inserita, Pier Camillo Davigo in qualità di neo presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati. Il già leader del gruppo di magistrati ‘Autonomia e indipendenza’ aveva sostenuto come non vi fossero Governi amici e Governi nemici, anzi “è giusto che ci sia tensione tra potere politico e giudiziario (il passato nel pool di Mani Pulite deve aver influito non poco nelle affermazioni di cui sopra, ndr). Non si tratta di corporativismo, credo che sia possibile con la nostra unità trovare la fermezza per pretendere il rispetto della nostra dignità e per tutelare la giurisdizione. Inevitabilmente ci sarà una dialettica ma tutto può essere recuperato con pazienza e dialogo”, aveva aggiunto Davigo.

Davigo

Quella tensione di cui parlava Davigo, tuttavia, deve aver fatto risentire il Presidente del Consiglio che nel pomeriggio scorso ha risposto di fronte ai cronisti, sostenendo come – prendendo anzitutto distanze e ribadendo le libertà costituzionalmente garantite ai giudici – : “la magistratura non si accusa, non si segue, si rispetta chiedendo di fare ciò che da secoli deve fare e su cui noi non mettiamo bocca così come la magistratura non mette bocca nel procedimento legislativo. Sarebbe clamorosa invasione di campo”, salvo poi affermare che la politica non sarà mai “subalterna a niente e nessuno”, magistratura compresa.

I rapporti tra Magistratura e Esecutivo

C’è da sottolineare che i rapporti Magistratura-Esecutivo non sono mai stati ottimi, storicamente. Né col centro destra (Berlusconi e il suo perenne scontro con i giudici e soprattutto le giudici), né col centrosinistra (si pensi all’inchiesta che colpì l’allora Guardasigilli Clemente Mastella e che portò alle sue dimissioni, quindi alla caduta del Governo Prodi). Con Renzi a Palazzo Chigi la situazione non ha cambiato rotta. Spesso e volentieri le inchieste giudiziarie hanno colpito o direttamente o indirettamente esponenti del Governo. Maria Elena Boschi, attraverso il padre, è l’esempio più palese. Ora l’indagine di Potenza che ha portato alle dimissioni del Ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi.

Un colpo alla botte, uno al cerchio. Sì, il Governo ha attaccato il periodo di vacanza dei magistrati, che li ha fatti insorgere: “Brrr.. che paura. Non mi è piaciuto per niente”, ha affermato Daviglio. Poi ha cercato di rimettere mano alle intercettazioni. Non sono lontane anni luce le tante immagini delle affollate piazze italiane che protestavano contro il Governo Berlusconi IV per via della cosiddetta ‘legge bavaglio’, la quale avrebbe decrementato la forza d’indagine dei giudici. Ora l’Anm ha puntato i piedi e sembra che l’esecutivo non continuerà col progetto di modifica (solitamente in peius) dello strumento. Era stato direttamente Davigo a trattare il tem: “la pubblicazione di intercettazioni davvero non pertinenti è già vietata dalla legge penale quantomeno dal reato di diffamazione. Se non rientrano in quel reato o sono pertinenti oppure si tratta di fatti che attengono all’operato di un pubblico ufficiale. Nel qual caso la pubblicazione è lecita. E se si ritiene che le pene per la diffamazione non siano adeguate, basta aumentare quelle. Il resto è superfluo”. Sulla scorta del tema piomba Matteo Renzi ai microfoni del Tg5, forse alla ricerca di un ponte con la Magistratura, sostenendo come “il governo non abbia intenzione di rimettere mano alla riforma delle intercettazioni. Ci sono molti magistrati che sono molto seri nell’usarle. Certo che le intercettazioni servono. Servono per scoprire i colpevoli, ma tutti gli affari di famiglia e i pettegolezzi sarebbe meglio non vederli sui giornali. Molti magistrati non passano queste informazioni. Spero che ci sia buon senso da parte di tutti”. Niente più riforma delle intercettazioni. Un punto da cui ripartire per ricucire un rapporto fra le parti spesso e volentieri in via di lacerazione.

Daniele Errera

L'autore: Daniele Errera

Nato a Roma classe 1989. Laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali con la tesi "Dal Pds al Pd: evoluzione dell'organizzazione interna". Appassionato di politica, ha ricoperto vari ruoli nel Partito Democratico e nei Giovani Democratici. E' attivo nell'associazionismo territoriale.
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