Italia in Libia: ecco in cosa consiste la missione Ippocrate

Pubblicato il 14 Settembre 2016 alle 13:48 Autore: Riccardo Piazza
libia gentiloni

Italia in Libia: ecco in cosa consiste la missione Ippocrate

Missione Ippocrate. Questo è l’emblematico nome scelto per l’operazione italiana che vedrà impegnati sul territorio della Libia 300 unità militari tra personale medico specializzato e contingenti di protezione logistica.

Il fine ultimo, come specificato ieri dal ministro degli Esteri Paolo Gentiloni e dal titolare della Difesa Roberta Pinotti davanti alle commissioni riunite di Camera e Senato, sarà quello di costruire un avamposto sanitario presso la città di Misurata, poco più di duecento chilometri costieri da Tripoli, per sostenere le truppe dell’esercito libico ancora impegnate nell’estenuante conflitto contro le milizie dello Stato islamico in quel di Sirte.

Libia: l’essenza della nuova spedizione italiana e il dibattito politico

Ippocrate, padre esegeta della medicina nell’antica Grecia, è parte di una strategia di lungo respiro che si connota quale onere di natura squisitamente umanitaria. Lo stesso ministro Pinotti ha tenuto a meglio delineare l’essenza dell’impegno italiano: “L’operazione è stata chiamata ‘Ippocrate’ per le sue evidenti finalità umanitarie. Non è un’operazione militare travestita da umanitaria. Anche ad Amatrice i nostri militari sono andati a fare una missione umanitaria, non un’operazione militare. Così in Libia non andremo a fare altre cose. L’ospedale da campo, in grado di andare a regime nel giro di tre settimane, garantirà il triage, il primo soccorso, visite ambulatoriali, analisi, trasfusioni ed evacuazione medica in caso di urgenza”.

Il piano strategico, recentemente anticipato da Repubblica, avrà il suo fulcro nella sinergia organizzativa offerta da diversi reparti dell’Esercito italiano. Il presidio sanitario sarà protetto da almeno 100 paracadutisti del Reggimento Folgore che si andranno ad unire ai reparti speciali del Reggimento Col Moschin, già da tempo schierati sul suolo libico a sostegno delle forze di unità nazionale del premier riconosciuto Fayez al-Sarraj.

Secondo quanto esplicitato in un articolo pubblicato dal Foglio, le peculiarità della responsabilità italiana in Libia, sarebbero parte di un disegno ampio e ben collaudato il quale vedrebbe il nostro Paese in prima linea nell’addestramento delle truppe, così come nelle prassi di soccorso, e gli Stati Uniti egemoni nell’offensiva aerea anche grazie allo sfruttamento delle basi militari nostrane di Trapani, Sigonella e Gioia del Colle.

Tali rinnovati sforzi congiunti dovrebbero, nelle speranze della coalizione internazionale, dare dunque nuova linfa all’esercito di unità nazionale libico. La battaglia per la città di Sirte sta prolungandosi più del previsto (in giugno il portavoce militare ufficiale dell’esercito tripolino dava conto con buona certezza di una “liberazione in due giorni”) e le risorse in campo rischiano un serio logoramento alle fondamenta.

Contestualmente si è in queste ore sviluppato un intricato dibattito circa lo scopo della “Missione Ippocrate” e il conseguente comportamento del governo. Alcune forze politiche si sarebbero aspettate una ufficiale richiesta di autorizzazione da parte del Parlamento, ritenendo l’operazione in questione una manovra di guerra “camuffata”, che con il famoso Giuramento di Ippocrate avrebbe davvero ben poco a che fare. A stretto giro sono arrivate le repliche del ministro della Difesa. In una intervista rilasciata a Sky Tg24, Pinotti ha smentito qualsiasi implicazione bellica contestualizzando l’intervento italiano quale risposta ad una precisa richiesta formale arrivata già nel mese di agosto da Tripoli: “C’è una lettera del presidente Sarraj al presidente Renzi, in cui ha chiesto all’Italia un aiuto ulteriore per curare i loro feriti, perché c’è stata una battaglia anche molto sanguinosa che hanno combattuto le truppe di Misurata contro l’Isis, che era a Sirte, di cui stiamo vedendo, speriamo, le battute finali. Questo ha comportato molti morti e moltissimi feriti”.

Libia: quale la situazione geopolitica

Attualmente in Libia esistono tre zone di influenza geopolitica. La prima è quella afferente al territorio della capitale Tripoli con un governo riconosciuto dall’Onu e presieduto da Fayez al-Sarraj. Tale istituzione è l’unica componente politica d’unità nazionale sancita dai trattati del dicembre 2015 siglati a Skhirat, in Marocco, tra i parlamenti congiunti di Tripolitania e Cirenaica. La seconda vasta zona d’influenza di interesse prettamente economico, vista la presenza di alcuni importanti giacimenti di petrolio, è quella interna di Fezzan. Già colonia italiana tra il 1930 e il 1937, è oggi preda di numerose incursioni da parte delle milizie del Califfato islamico che, unitamente alle città costiere di Sirte e di Derna, ne hanno detenuto a lungo i lucrosi introiti. L’ultima zona è quella della Cirenaica, con l’importante città di Tobruk, il cui controllo è gestito dalle truppe fedeli al generale Khalifa Haftar. Quest’ultimo, rifiuta di riconoscere l’autorità di Sarraj e vorrebbe imporre il suo dominio su tutta la Libia. Recentemente i suoi eserciti hanno conquistato alcuni importanti scali petroliferi nelle zone di Ras Lanuf, Es Sider e Brega, rendendo, di fatto, ancora più arduo il raggiungimento di una stabilizzazione del Paese a breve termine.

Riccardo Piazza

L'autore: Riccardo Piazza

Nasce a Palermo nel 1987 e si laurea in Filosofia della conoscenza e della comunicazione presso l’Università del capoluogo siciliano nel 2010. Prosegue i suoi studi specialistici in Scienze filosofiche all’Università di Milano dove consegue il Diploma di laurea Magistrale nel 2013. Scrive per alcune riviste telematiche di letteratura e collabora, quale giornalista, per diverse testate d’informazione occupandosi di cronaca parlamentare, costume e società. Si dedica attivamente allo studio dell'economia e del pensiero politico contemporaneo ed è docente di storia e filosofia. Gestisce un blog: http://www.lindividuo.wordpress.com Su twitter è @Riccardo_Piazza
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