Il lavoro in Italia, torniamo ai trend degli anni 2000, più occupazione, ma precaria

Pubblicato il 19 Settembre 2016 alle 08:30 Autore: Gianni Balduzzi

Il lavoro in Italia, torniamo ai trend degli anni 2000, più occupazione, ma precaria

I dati del secondo trimestre 2016 sul lavoro, pubblicati da poco dall’ISTAT, rappresentano un punto di svolta fondamentale rispetto ai periodi precedenti.

E’ un cambiamento rispetto ai dati degli ultimi anni che vedevano prima una crisi generalizzata e una perdita di posti di lavoro e poi un aumento “falso”, composto solo da lavoratori anziani che dopo la legge Fornero non andavano in pensione e risultavano al lavoro a differenza dei coetanei degli anni prima.

Questa volta finalmente il lavoro arriva anche per i più giovani, e però, a dispetto delle varie riforme, arriva secondo un modello già visto, quello che si voleva cambiare, ovvero tramite lavori a termine o a tempo parziale.

Lavoro in Italia, torna a crescere l’occupazione dei giovani

Gli occupati aumentano, tornando ai livelli del 2010, dopo il calo del 2012-13, mentre la disoccupazione è in ulteriore calo al 11,5%.

Questi i dati di base, senz’altro positivi, ma dobbiamo guardare maggiormente dentro questi valori.

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Qui vediamo con maggiore attenzione gli aumenti in termini assoluti del numero di occupati. Quest’ultimo trimestre è quello in cui vi è stato il maggiore progresso. Una delle maggiori novità è la ripresa del lavoro indipendente. Era da moltissimo tempo che le partite IVA calavano, ora c’è un inversione di tendenza. Anche i dipendenti a termine crescono, e a differenza degli ultimi trimestri seguiti al Jobs act, più dei dipendenti permanenti.

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Lo stop alla crescita dei contratti a tempo indeterminato era già stata notata, e non è certamente una buona notizia. Dimostra la relativa inefficacia del Jobs Act, e il ruolo che gli sgravi contribuiti, ora ridotti, hanno giocato, molto più decisivo.

Guardiamo ancora più nel dettaglio, rispetto all’anno scorso la crescita degli occupati è piuttosto uniforme geograficamente, con una prevalenza per i maschi del Sud, mentre dal punto di vista anagrafico sono i 15-34enni a beneficiare di più, in particolare gli uomini 25-34enni, e per la prima volta vengono superati, nell’aumento, i 50-64enni. Rimane in crisi il settore del 35-49 enni che crescono solo di poco.

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Vista la strage di lavoratori giovani in atto dal 2010 e anche prima, questa inversione di tendenza forse è uno dei dati più importanti di questo trimestre.

L’occupazione degli italiani sale più di quella degli stranieri e quella dei laureati più del doppio di quella di chi ha solo la licenza media.

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Lavoro in Italia, come 10 anni fa, il tempo deteminato è quello preferito dalle imprese

La differenza tra italiani e stranieri appare come l’unico cambiamento rispetto alle tendenze degli anni 2000, quelle che ci portarono a un record di occupazione vicino al 60%, record per i livelli italiani, non europei, si intende.

Per il resto abbiamo il ritorno di un modello che vede l’occupazione a tempo parziale aumentare più di quella a tempo pieno, quella a termine più di quella permanente, gli indipendenti senza dipendenti, quindi free lance e autonomi vari, più della media dei lavoratori

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Certamente in valore assoluto prevalgono tra i nuovi lavoratori i dipendenti a tempo pieno, più di prima, ma sono anche molti di più in partenza

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E così lo stesso identico discorso vale per i dipendenti permanenti, sono 308 mila dei 439 mila nuovi lavoratori, ma oltre a essere già la maggioranza, si deve sottolineare che di questi 128 mila sono a tempo parziale

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Il tipo di lavoro più classico, quello da 40 ore settimanali a tempo indeterminato, è quello di una porzione in realtà calante dei lavoratori, il 53,1% rispetto al 53,3% un anno fa.

Un tipico nuovo lavoratore del 2016 è quindi prevalentemente maschio, sui 30 anni, assunto a tempo pieno part time o a termine full time.

Naturalmente non possiamo ignorare i dati positivi. Il secondo trimestre 2016 è quello in cui si è verificato il maggiore aumento di occupazione, che ha coinvolto tutte le fasce, in particolare i giovani sotto i 35 anni. Non avveniva da troppo tempo.

Che sia un contratto part time o a termine la cosa importante per adesso è la quantità, abbiamo un tasso di occupazione troppo basso, vi è bisogno di molte più persone con uno stipendio, con delle entrate soprattutto giovani, che non si affidino solo a genitori, nonni, coniugi.

Ora sappiamo già che a luglio c’è stato uno stop, i prossimi mesi, in cui è previsto un rallentamento del PIL, saranno cruciali per vedere se invece l’occupazione continuerà a crescere, per esempio approfittando di un minore costo del lavoro

L'autore: Gianni Balduzzi

Editorialista di Termometro Politico, esperto e appassionato di economia, cattolico- liberale, da sempre appassionato di politica ma senza mai prenderla troppo seriamente. "Mai troppo zelo", diceva il grande Talleyrand. Su Twitter è @Iannis2003
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