Mondiali, serpeggiano già scommesse illegali e doping

Pubblicato il 13 Giugno 2014 alle 18:13 Autore: Calcio Finanza
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Le prime tegole sui Mondiali brasiliani non cadono solo in territorio sudamericano e dopo gli scontri in piazza pre inaugurazione e le polemiche sull’arbitraggio, di parte, della sfida tra il paese ospitante, il Brasile, e la Croazia, è la volta delle accuse rivolte a diciotto centri di raccolta e gestione di scommesse via internet, privi delle prescritte autorizzazioni, scoperti a Taranto (8) e provincia (10) nell’ambito di controlli eseguiti dalla Guardia di finanza con l’impiego di cento militari. L’operazione è scattata in concomitanza con l’avvio del campionato mondiale di calcio. Particolare attenzione a quelle gestite da bookmaker esteri, che operano in assenza delle concessioni dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e delle autorizzazioni di polizia. Durante i controlli sono stati rinvenuti server collegati a società aventi sede in territorio estero. I finanzieri hanno sequestrato 17 computer, 16 stampanti termiche, tagliandi di giocata ed oltre 2mila euro di proventi. In tutto sono 34 le persone segnalate dall’Autorità giudiziaria tra scommettitori e titolari delle agenzie.
Il primo caso di doping

E se non bastasse alla vigilia dell’esordio dell’Australia nel torneo di Brasile 2014, domani a mezzanotte ora italiana contro il Cile, l’agenzia antidoping della terra dei canguri ha formulato «accuse formali di possibili violazioni antidoping» a 34 calciatori o ex calciatori della Australian football league (Afl). Le accuse riguardano «l’uso di una sostanza proibita durante la stagione 2012» e secondo Ben McDevitt, Ceo dell’Asada, «si basano su un significativo insieme di prove raccolte durante i 16 mesi dell’inchiesta». «Sulla base del parere del nostro consulente legale e di un riesame delle prove sono arrivato alla conclusione che questi giocatori hanno qualcosa di cui rispondere ai sensi del codice mondiale antidoping», ha affermato McDevitt. I calciatori oggetto del procedimento, di cui non sono state rivelate le identità, hanno dieci giorni di tempo per rispondere alle accuse dell’Asada. «La nostra priorità -ha sottolineato il dirigente dell’Agenzia antidoping- è garantire che lo sport australiano sia pulito e la salute degli atleti protetta».

In collaborazione con Calcio&Finanza