La riforma Albertini: Figc, vivai e Nazionale. Ecco cosa cambierà

Pubblicato il 24 Luglio 2014 alle 17:25 Autore: Stefano Merlino
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L’Italia pallonara uscita con le ossa rotta dalla disfatta brasiliana lo vorrebbe a capo di quella Figc confusa e senza idee per il futuro. Demetrio Albertini si concede ad una lunga intervista pubblicata oggi dalla Gazzetta dello Sport e fa il punto della situazione a poche settimane da quelle elezioni che lo vedono in netto svantaggio.

“LA RICETTA PER RIPARTIRE” – I sondaggi parlano chiaro: Carlo Tavecchio sarebbe la figura più adatta per rifondare il calcio italiano, almeno secondo i potenti presidenti di A e B. A sostenere la candidatura di Albertini ci sono, però, i tifosi e tutto quel movimento che nasce nei polverosi campetti di provincia ed arriva ai confini del professionismo serio, fatto di contratti milionari e procuratori senza scrupoli. “Nel mio progetto”, dichiara l’ex grande centrocampista rossonero, “ognuno deve stare al suo posto, questo è necessario per ritornare quelli di un tempo”.

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Nella testa di Albertini, uno che per le sue posizioni spesso anticonformiste non è mai piaciuto ai potenti del calcio italiano, ci sono poche ma efficaci idee. Riforme che necessitano di tempo ed energie, a partire dai campionati: “La Serie A deve essere a 18 squadre, la B a 20 e la Lega Pro che ora è composta da 60 verrebbe ridotta gradualmente”. Ma non è tutto: “Le rose devono avere al massimo 25 giocatori, di cui 10 cresciuti nei vivai, non necessariamente italiani”.

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“LA QUALITA’ PRIMA DI TUTTO” – Nella sua incredibile carriera da calciatore, Albertini è stato a lungo considerato uno dei più forti registi del centrocampo del mondo. Per lui, cresciuto nelle giovanili del Milan, nessuna corsia privilegiata, ma tanto sudore. “Nei vivai deve esserci qualità, a partire dagli allenatori e dalla loro formazione”, dichiara,“Coverciano deve tornare agli antichi splendori,le società chiedono allenatori preparati”. Il progetto delle cd. seconde squadre, seguendo il modello spagnolo,è vincente secondo Albertini, che aggiunge un gustoso particolare, “quando ero al Barcellona, Messi giocava le sue prime partite con il Barcellona A, ma proveniva dalla squadra B”. Le società di A, insomma, devono andare a cercare nuovi talenti nelle serie inferiori per poi lanciarli nel calcio che conta: “L’Italia deve essere un paese di transito, un po’ come accaduto con Verratti ed Immobile”.

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“NESSUNA DIVISIONE” – Inevitabili alcune brevi riflessioni sul fallimento mondiale e su quelle voci, più o meno confermate dagli stessi interessati, circa una spaccatura tra i reduci dalla spedizione tedesca del 2006 e i giovincelli alla primissima esperienza intercontinentale. “E’ mancato l’approccio all’evento”, confessa Albertini, secondo il quale più che di spaccatura si deve parlare di “mancanza di una fascia intermedia tra i senatori e i più giovani”. La Nazionale, sempre secondo il vice presidente Figc, “deve seguire il modello della Spagna e della Germania”.

L'autore: Stefano Merlino

Sono nato nel 1987 e da sempre mi piace scrivere. stefano.merlino@termometropolitico.it (Twitter: @stefano_mago)
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