Articolo 90 Costituzione: Impeachment in Italia: cos’è e come funziona

Pubblicato il 28 Maggio 2018 alle 13:09 Autore: Giancarlo Manzi
Articolo 90 Costituzione

Articolo 90 Costituzione: Impeachment in Italia: cos’è e come funziona

«Impeachment». Letteralmente «impedimento». È la parola che in queste ore suona come una ‘minaccia’ sulla testa di Sergio Mattarella. Movimento 5 Stelle e Fratelli d’Italia infatti l’hanno evocata ieri dopo che Giuseppe Conte ha rimesso nelle mani del Colle l’incarico, a seguito dell’opposizione del Capo dello Stato alla proposta di Paolo Savona come Ministro dell’Economia.

Nella Costituzione italiana si chiama ‘messa in stato d’accusa’, ed è prevista dall’articolo 90: «Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato d’accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri».

Articolo 90 Costituzione: Impeachment in Italia: cos’è e come funziona

Per alto tradimento, si intende, ad esempio, la rivelazione di segreti di stato ad un’altra nazione o, in guerra, l’alleanza con un paese nemico. Mentre per ‘attentato alla Costituzione’, ed è questa la motivazione mossa da M5S e FdI, una clamorosa violazione dello spirito delle norme costituzionali.

Tutto ciò dà il via ad una complessa procedura. Se il Parlamento compie i dovuti passaggi, l’ultima parola spetta però alla Corte Costituzionale, a cui tocca eventualmente l’onere di emanare una sentenza definitiva ed inappellabile.

Prima fase: l’analisi della richiesta

Dopo la richiesta formale, si riunisce d’urgenza un comitato di senatori e deputati ‘pescati’ dalle giunte di Camera e Senato sulle autorizzazioni a procedere. I 20 membri, scelti dai presidenti di Montecitorio e Palazzo Madama tra i due rami delle assemblee in maniera proporzionale rispetto ai gruppi parlamentari, esaminano la messa in stato d’accusa e decidono se archiviarla o passarla alle Camere. Nel secondo caso il Parlamento la vota in seduta comune a maggioranza assoluta. Se anche Salvini dovesse ‘virare’ in tal senso, ricordiamo, Lega e 5 Stelle avrebbero i numeri per dire sì all’impeachment all’italiana.

Seconda fase: il processo

La palla, poi, passerebbe alla Corte Costituzionale, composta però in maniera differente per l’occasione: oltre ai 15 componenti ‘togati’ classici, si aggiungerebbero infatti altri 16 membri estratti dall’ ‘elenco dei cittadini aventi i requisiti per l’eleggibilità a Senatore’, aggiornato ogni 9 anni.  La Corte Costituzionale, così ampliata, darebbe a questo punto il via ad un vero e proprio processo al Capo dello Stato (come indicano gli articoli 134 e 135 della Costituzione) con indagini, interrogatori, udienze, dibattimenti.

Terza fase: la sentenza

Concluso l’iter processuale, la Corte Costituzionale dovrebbe esprimersi. Con una sentenza che, come tutte quelle della Consulta, sarebbe inappellabile. Due le ipotesi: la destituzione del Presidente della Repubblica, se le accuse fossero confermate. O la sua assoluzione.

Articolo 90 Costituzione: i (quasi) precedenti

Nessun inquilino del Colle è stato mai messo in stato d’accusa fino ad oggi. Solo due i casi in cui si è andati vicini all’avvio della procedura. Il primo, con Giovanni Leone, nel 1978. Il PCI, allora, agitò lo spettro dell’impeachment per via del coinvolgimento del presidente nel giro di tangenti dello scandalo Lockheed. Leone però tolse le castagne dal fuoco dimettendosi. Così anche per Francesco Cossiga nel 1992 (che lasciò pochi mesi prima della scadenza del mandato), quando il PDS paventò la messa in stato d’accusa per attentato alla Costituzione. Troppe, secondo gli ex comunisti, le ‘picconate’ del Capo dello Stato, che ne avevano snaturato il ruolo di garante della Carta.

Giancarlo Manzi