Pierluigi Bersani parla di Fiat, Fca e Marchionne. Cos’ha detto

Pubblicato il 28 Luglio 2018 alle 20:01 Autore: Giumana Sharar
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Pierluigi Bersani parla di Fiat, Fca e Marchionne. Cos’ha detto.

Il 25 luglio è comparso un comunicato stampa sul sito ufficiale di EXOR, di cui Sergio Marchionne era vice-presidente. “E’ accaduto, purtroppo, quello che temevamo. Sergio, l’uomo e l’amico, se n’è andato“. Con queste parole, il presidente del consiglio amministrativo John Elkann ha commentato la scomparsa del collega.

Era giunta nei giorni precedenti la notizia del suo ricorvero all’ospedale universitario di Zurigo. Si è appreso in seguito, da un comunicato dell’ospedale, che da un anno Marchionne era in cura presso la struttura per “una malattia grave”. FCA, tuttavia, non ne sapeva nulla. È proprio del ruolo di Marchionne in FCA e nell’Industria che Pierluigi Bersani ha parlato il 24 luglio a In Onda su La7.

Parla Pierluigi Bersani: l’errore “di cattivo gusto” di Google

“Ricordiamo che parliamo di gestione Marchionne e non di Marchionne. Lui è ancora vivo, ricordiamolo”. Apre così Pierluigi Bersani, riferendosi all’errore di Google, che segnava il 23 luglio come data della scomparsa dell’imprenditore, salvo poi scusarsi per l’errore. “Di cattivo gusto“, così lo definisce l’ex-ministro dell’industria.

Pierluigi Bersani ripercorre le tappe della gestione Marchionne

“Io l’ho conosciuto nella fase nazionale“, racconta, “quando ero ministro”. In quel periodo, afferma Bersani, la gestione Marchionne stava combattendo “con le unghie e con i denti, stabilimento per stabilimento, per cercare di rimettere in pista la Fiat“.

Pierluigi Bersani definisce “molto positivi” i rapporti stabiliti da Marchionne con sindacati e istituzioni. “Anche con me”, aggiunge con un sorriso. “Ricordo bene l’entusiasmo, quando mi presentò il nuovo modello della 500. Dopodiché è venuta la crisi“, ed è quindi iniziata una nuova fase. A questo punto, afferma Bersani, sono sopraggiunti molti problemi, tra cui quello del lavoro. “Per un motivo molto banale”, spiega,” gli americani non accettavano che ci fossero troppe disparità nelle condizioni dei lavoratori fra USA e qui”. Un altro problema gravoso era “l’esigenza di sanare un debito e, quindi, appannare gli investimenti”. Situazione che si traduce in limitazioni sul piano innovativo. O, come le chiama l’ex-ministro, “sfide non colte“: quella dell’auto elettrica e quella ancor più difficile di “spostarsi sul cosiddetto alto di gamma“.  Per entrambe le cose, “ci vogliono soldi“, attesta l’ex-ministro.

Il problema dell’indotto e il Referendum di Mirafiori

“Il problema per gli stabilimenti Fiat“, spiega Bersani, “cioè per avere dei modelli che possono essere prodotti e venduti è l’indotto.” Per Bersani la produzione automobilistica italiana non è senza problemi e il principale, tra questi, è quello dell’indotto. “Per cui”, aggiunge, “io non sono senza preoccupazioni”. Alla domanda di Luca Telese, su come si sarebbe schierato con la prospettiva odierna rispetto al referendum di Mirafiori, Pierluigi Bersani ha risposto così: “a quali condizioni l’operazione americana potrà o poteva essere meglio inchiodata alle esigenze italiane?” Per l’ex-ministro la questione centrale è questa e “lì”, dice, “probabilmente qualche punto interrogativo c’è“.

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Molinari: Marchionne è un pioniere e un innovatore

I conduttori ci riportano nel presente, ricordando che “il piano Marchionne finiva con questo annuncio: la panda potrebbe andar via dall’Italia.” Da sola muoverebbe approssimativamente lo “0,6% del PIL“. A rispondere è il direttore di La Stampa, anche lui ospite in studio. Maurizio Molinari ribadisce il ruolo che ha avuto Marchionne nel dialogo coi sindacati. Lo definisce “un pioniere nei rapporti sindacali, perché è riuscito a portare la collaborazione nei sindacati sul terreno del profitto”. Il dialogo coi sindacati è di fondamentale importanza per Molinari, perché avrebbe fatto capire il ruolo indispensabile della globalizzazione per un’industria che vuole essere dinamica ed innovativa. “Alcuni esponenti dei sindacati”, spiega, “hanno detto: grazie alla globalizzazione, oggi in Italia si fanno macchine che in Italia non si venderebbero, ma che si vendono all’estero. Questo significa aver innovato.”

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