Carlo Alberto Dalla Chiesa: moglie e figli, chi sono i familiari del Generale

Pubblicato il 4 Settembre 2018 alle 19:37 Autore: Laura Segatti

Carlo Alberto Dalla Chiesa: moglie e figli, chi sono i familiari del Generale.

Carlo Alberto Dalla Chiesa nasce il 27 settembre 1920 a Saluzzo, in provincia di Cuneo. Segue le orme del padre Romano ed a soli 22 anni riceve la divisa dei carabinieri ed è messo a capo del comando della caserma di San Benedetto del Tronto nel ’42. In seguito, dopo la fine della guerra avviene il trasferimento a Bari. Nella stessa città conclude il percorso universitario aggiungendo alla laurea in Giurisprudenza anche quella in Scienze politiche. Sempre a Bari incontra Doretta Fabbo, anche lei figlia di carabiniere, che sposa il 29 luglio 1945.

La donna darà alla luce tre figli. Nando che in seguito diventerà uomo politico più volte eletto parlamentare, Rita attualmente conduttrice televisiva e Simona, la più piccola dei tre figli. Quest’ultima, in un’intervista a Famiglia Cristiana, fa riemergere il ricordo di Carlo Alberto; lui era, per i suoi figli, un papà e non un padre. Loro lo vedevano sempre in divisa perché voleva rimare sempre fedele a quei valori da lui tanto perseguiti.

Carlo Alberto Dalla Chiesa: la lotta contro la Mafia

Nella sua carriera ha avuto molti esiti positivi nella lotta al banditismo, fino all’arrivo in Sicilia nel 1949, a Corleone. In quella zona infatti la mafia si stava organizzando in maniera capillare. Ed è qui che il capitano Dalla Chiesa si trova ad indagare su ben 74 omicidi. Per i suoi ottimi risultati riceverà una Medaglia d’Argento al Valore Militare. Negli anni successivi è trasferito a Firenze, poi a Como e Milano. Nel 1963 nella capitale con il grado di tenente colonnello e poi ancora a Torino. Dal 1966 fino al 1973 il colonnello ritorna in Sicilia, al comando della legione carabinieri di Palermo. In quel periodo assicura alla giustizia boss malavitosi come Gerlando Alberti e Frank Coppola, iniziando ad investigare su presunte relazioni fra politica e mafia. Nel 1973 è promosso al grado di generale di brigata.

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Carlo Alberto Dalla Chiesa: altre cariche e riconoscimenti

Nel 1974 si sposta in Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria e crea una struttura antiterrorismo la cui base è Torino. Nello stesso anno concluderà la cattura a Pinerolo di Renato Curcio e di Alberto Franceschini, personaggi ai vertici delle Brigate Rosse. In seguito il governo lo nomina Coordinatore delle Forze di Polizia e degli Agenti Informativi per la lotta al terrorismo; Sarà a capo di reparto speciale del ministero dell’interno, creato proprio per contrastare il fenomeno delle Brigate rosse e per procedere nell’investigazione dell’assassinio di Aldo Moro. Nell’82 sarà formalizzata la figura giuridica del pentito, proprio grazie a Carlo Alberto Dalla Chiesa e ai suoi solleciti alle autorità. Sfruttando proprio il pentitismo riesce così a dare un nome ed a procedere all’arresto degli assassini di Aldo Moro e della sua scorta. Nonostante una ritrovata fiducia popolare all’Arma dei carabinieri, Palermo lamenta più volte la carenza di sostegno da parte dello stato. In un’intervista nell’estate dello stesso anno discute le difficoltà da parte dello stato nella lotta contro Cosa Nostra, nonchè della sua complicità e della complessità a contrastare la mafia.

Carlo Alberto Dalla Chiesa: l’omicidio

La sera del 3 settembre 1982, Dalla Chiesa si trovava in auto a fianco della giovane seconda moglie Emanuela Setti Carraro. Raggiunta via Carini a Palermo, la macchina viene affiancata da una BMW. Dall’abitacolo Antonino Madonia e Calogero Ganci fanno fuoco con un fucile uccidendoli entrambi. Nella sparatoria perde la vita anche Domenico Russo, autista e agente di scorta del prefetto Dalla Chiesa, freddato da Pino Greco a bordo di una moto. Dopo la morte di Dalla Chiesa le carte relative al sequestro di Aldo Moro svaniscono nel nulla, anche se non si ha la certezza del momento e del luogo in cui sono state trafugate.

Assegnata la Medaglia d’Oro al valor civile alla memoria viene omaggiato con queste parole. “Già strenuo combattente, quale altissimo Ufficiale dell’Arma dei Carabinieri, della criminalità organizzata, assumeva anche l’incarico, come Prefetto della Repubblica, di respingere la sfida lanciata allo Stato Democratico dalle organizzazioni mafiose, costituenti una gravissima minaccia per il Paese. Barbaramente trucidato in un vile e proditorio agguato, tesogli con efferata ferocia, sublimava con il proprio sacrificio una vita dedicata, con eccelso senso del dovere, al servizio delle Istituzioni, vittima dell’odio implacabile e della violenza di quanti voleva combattere”.

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