Licenziamento verbale: contestazione e scadenza ricorso, come funziona

Pubblicato il 18 Ottobre 2018 alle 13:02 Autore: Claudio Garau
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Licenziamento verbale: contestazione e scadenza ricorso, come funziona

E’ risaputo che il licenziamento è un tema assai delicato, riguardante la fine del rapporto di lavoro tra datore e lavoratore. La legge disciplina in modo molto preciso svariate ipotesi e, tra queste, una che ha bisogno di essere chiarita è di certo il licenziamento verbale o orale.

Vediamo di seguito qual è l’inquadramento in merito da parte di legge e giurisprudenza.

Cos’è il licenziamento verbale

Anzitutto in generale, il licenziamento è il recesso unilaterale del datore di lavoro dal contratto di lavoro, con conseguente allontanamento del dipendente dal luogo di lavoro. Ne esistono diverse tipologie e, tra queste, il licenziamento verbale è concretizzato nel caso in cui il lavoratore sia allontanato dal luogo di lavoro senza alcun atto formale da parte del datore di lavoro (lettera o altro tipo di comunicazione scritta).

Un particolare non da poco è che, in ogni caso, il legislatore ha disposto che il datore di lavoro abbia l’obbligo di comunicare il licenziamento per iscritto e afferma pertanto che il licenziamento verbale o orale è non è valido e non produce effetto. Anzi, il lavoratore avrà comunque diritto ad essere reintegrato nelle sue mansioni. Ciò significa che il licenziamento comunicato solo oralmente non fa sì che cessi il rapporto di lavoro tra le parti; perciò il datore di lavoro dovrà retribuire il dipendente fino all’effettivo verificarsi di un’efficace causa di risoluzione o estinzione del rapporto di lavoro.

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Le conseguenze del licenziamento verbale

Tali conseguenze sono disciplinate dallo Statuto dei Lavoratori e successive modifiche.  Pertanto, secondo il dettato di questa normativa, su questo caso di licenziamento illegittimo scatta la cosiddetta tutela reintegratoria piena. Essa comporta la reintegra sul posto; il risarcimento del danno per il periodo successivo al licenziamento verbale e fino alla reintegra; l’obbligo di versamento dei contributi e il diritto di opzione, ovvero la possibilità di scegliere tra la reintegra e l’indennità sostitutiva pari a quindici mensilità.

La contestazione del licenziamento verbale e l’importante precisazione della Cassazione

In caso di licenziamento verbale, sono due i termini che rilevano. Infatti la normativa prevede – in generale – che il lavoratore ha sessanta giorni di tempo per attivare la contestazione del licenziamento.

Essa deve avvenire in modo formale. Tale termine inizia a decorrere dal giorno in cui il lavoratore ha avuto comunicazione di licenziamento. Per poter ottenere effettiva reintegra sul posto, il lavoratore però dovrà rispettare un secondo termine. Perciò nei successivi sei mesi deve avviare concretamente la causa, attraverso il deposito del ricorso in tribunale.

La Cassazione, come tante volte avvenuto in passato, ha però avuto modo di fare alcune precisazioni. In caso di licenziamento orale, il lavoratore non perde il diritto a fare ricorso contro il licenziamento se fa scadere il primo termine dei sessanta giorni. D’altra parte, il lavoratore, in questo caso, non ha mai ricevuto alcuna comunicazione scritta; pertanto il termine dei sessanta giorni non ha in sostanza possibilità di iniziare a decorrere.

Però, quando il lavoratore avrà concretamente fatto contestazione con raccomandata inviata all’azienda, avrà da quel momento sei mesi per fare deposito del ricorso e incominciare formalmente la causa in giudizio. In conclusione, in questo particolare caso di licenziamento, è applicato solo il secondo dei due termini.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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