Elezioni Taiwan 2018: sconfitta per Tsai e il DPP. I risultati

Pubblicato il 26 Novembre 2018 alle 16:29 Autore: Michele Mastandrea
elezioni taiwan
Elezioni Taiwan 2018: sconfitta per Tsai e il DPP. I risultati

Giornata di elezioni locali quella di sabato 24 novembre sull’isola di Taiwan. La sfida si è risolta in una pesante sconfitta per il Democratic Progressive Party, attualmente al potere.

Infatti, il DPP è stato sconfitto nella maggior parte delle singole contese elettorali. Se l’esito del voto nella capitale Taipei è ancora in dubbio, è ormai certo che il partito della Presidente Tsai Ing-wen abbia perso il governo della città meridionale di Kaohsioung. Questa era governata da vent’anni dal DPP, e risulta simbolo della sconfitta subita dal partito.

Elezioni Taiwan: la vittoria del Kuomitang

Le elezioni sono state vinte dal Kuomintang, oggi all’opposizione. Tsai ha rassegnato le dimissioni dalla leadership del DPP subito dopo la sconfitta. Queste elezioni, una sorta di midterm in stile americano, sono senza dubbio significative. Infatti, hanno coinvolto circa 19 milioni di elettori nella scelta di 11000 cariche pubbliche.

La campagna elettorale è stata fortemente giocata sui temi economici, ma rilevante è stata anche la questione dei rapporti con la Cina. Tsai da un lato quando eletta ha dichiarato di voler supportare lo status quo nelle relazioni a cavallo dello stretto. Dall’altro, si è molto avvicinata al presidente Trump e alla sua posizione opposta a quella cinese sul futuro dell’isola. Cercando di sfruttare a suo vantaggio i conflitti in campo commerciale e tecnologico attualmente in corso tra Pechino e Washington. Al fine di affermare ulteriormente i margini di autonomia politica dell’isola.

Per Pechino, Taiwan è una provincia ribelle, il cui destino dovrà essere quello della riunificazione con la Cina Continentale, con la forza se necessario. Molti media cinesi, a partire da quelli più fedeli alla linea del Partito come China Daily e Global Times, hanno segnalato come la retorica ostile a Pechino sia stata un boomerang per Tsai, accusata anche per la sua linea di politica economica.

Elezioni Taiwan: il futuro dell’isola

Il tema del futuro di Taiwan è tra quelli su cui la Cina è più sensibile, dato che unisce a rivendicazioni storiche anche una dimensione geopolitica profondamente attuale. In particolare, per il ruolo che l’isola potrebbe avere nella nuova strategia Indo-Pacifica a guida americana.

Nella stessa giornata è stato rigettato anche una serie di referendum di riforma del locale codice civile. Il più importante di questi era finalizzato alla definitiva legalizzazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso, già approvati lo scorso anno. L’isola sarebbe stato il primo paese in Asia ad approvare una simile riforma in tema di diritti civili.

Altro referendum ad essere stato respinto è quello che proponeva la possibilità per gli atleti dell’isola di gareggiare alle prossime Olimpiadi del 2020 sotto il nome di “Taiwan”. Attualmente, per via di un compromesso, il nome usato è quello di “Chinese Taipei“. Il Comitato Olimpico Internazionale aveva in passato avvertito il governo di Taiwan che gli atleti avrebbero rischiato l’esclusione dalla competizione in caso di cambio della denominazione.

Elezioni Taiwan: la soddisfazione cinese

Subito dopo i risultati, Pechino ha dichiarato tramite il suo ministero per gli affari taiwanesi la disponibilità a migliorare i rapporti e gli scambi politici e commerciali con l’isola. Dimostrandosi evidentemente soddisfatta dell’esito del voto.

Il governo di Taiwan ha risposto chiedendo alla Cina di non interferire con le dinamiche politiche interne del paese. Facendo capire, seppure non in maniera esplicita, di condividere le preoccupazioni di alcuni analisti sullo sforzo di Pechino nell’orientare le elezioni. Ovvero, sostenendo candidati a lei favorevoli tramite flussi di denaro e campagne di disinformazione in rete.

La carta anticinese non sembra dunque aver pagato per il DPP. Oltre a Tsai, diverse altri esponenti del partito in queste ore stanno rassegnando le proprie dimissioni. La campagna per le nuove elezioni presidenziali, previste per il 2020, inizia dunque in salita per il partito attualmente al potere.

SEGUI TERMOMETRO POLITICO SU FACEBOOK E TWITTER

PER RIMANERE AGGIORNATO ISCRIVITI AL FORUM

L'autore: Michele Mastandrea

Nato nel 1988, vive a Bologna. Laureato in Relazioni Internazionali all'università felsinea, su Termometro Politico scrive di politica estera ed economia.
Tutti gli articoli di Michele Mastandrea →