Enzo Miccio, il Pitti, eleganza italiana e inglese a confronto

Pubblicato il 11 Luglio 2019 alle 08:48 Autore: Nicolò Zuliani
Enzo Miccio, il Pitti, eleganza italiana e inglese a confronto

Immagina di essere a un ricevimento, una cena di gala o una festa importante. Le donne sono in abito lungo, noi in smoking. Tra quello spettacolo di colori e ombre, all’ingresso vedi un tizio vestito con i costumi tradizionali della sua regione. Stoffe, ricami d’oro, cappello. Di sicuro ti mette addosso simpatia e magari ci vai anche a parlare perché t’incuriosisce, ma sono vestiti inadeguati per il contesto. Nessuno può dire che è vestito trasandato; anzi, è elegantissimo (la Storia incute sempre rispetto) ma fuori luogo.

Questo discorso vale solo per noi maschi, ovviamente. Una donna in abiti tradizionali sappiamo bene che effetto ci fa.

“Elegante” e “appropriato” sono fratelli che a volte litigano. E sono quei litigi che ci spaventano. Noi uomini evitiamo la moda perché siamo come un cane che guarda i padroni litigare; non ci capiamo niente e vorremmo solo che la smettessero. Siamo bombardati da immagini e modelli che ci viene da definire ridicoli, quando in realtà sono fuori luogo.

Prendi Enzo Miccio

La sua competenza è indiscutibile, ma ogni volta che dice “ma come ti vesti?” ogni molecola del tuo corpo ti spinge a rispondere “non come te, per fortuna”. Poi guardi il Pitti e la sensazione di disagio peggiora; pensi “Gesù, ma quello sarebbe elegante? Io mi vergognerei come una spia”.

Il Pitti, Miccio, sono eleganza pre Brummel, ossia fuori luogo da circa trecento anni, e soprattutto è un’eleganza senza Storia, fuori contesto, e che quindi sa di finto. Un uomo in costume tradizionale del 1300 veste la sua regione, la sua eredità culturale, il suo patrimonio più antico e sacro ed è intoccabile. Uno in completo canarino no, e il risultato è disastroso.

Ora, esistono due correnti di pensiero: l’eleganza inglese e quella italiana. La prima punta a trasmettere il proprio ceto sociale di appartenenza, con quell’atteggiamento stronzetto e arrogante che hanno gli inglesi e che gli ha permesso di raggiungere vette estetiche sublimi. Per capire l’eleganza inglese bisogna guardare Jeeves and Wooster, Downton Abbey, L’Attimo fuggente o l’intera saga di Harry Potter.

Viceversa, l’eleganza italiana vuole emergere dalla massa con la propria nobiltà di gesti, parole e atteggiamento. A differenza degli inglesi, gli italiani all’estero sono venerati perché hanno un modo di porsi che risulta simpatico, disinvolto, amichevole e scanzonato. Non ci prendiamo mai sul serio, svacchiamo tutto, siamo scazzati, brontoloni, con problemi irrisolvibili che però possono aspettare se c’è un caffè o una bella donna.

L’eleganza italiana è legata alla nostra psicologia.

Trasmette nei vestiti il nostro modo di vivere. Alcuni la chiamano sprezzatura – da sprezzante – ma il termine corretto dovrebbe essere scazzatura; vestirsi come se non c’importasse, come se fosse una roba casuale e per nulla affettata. Nino Manfredi che si annoda la cravatta di fretta per andare a comprare le sigarette. Mastroianni che si toglie la giacca guardando il mare. Sofia Loren che slaccia la cravatta all’americano mentre ballano a Capri.

L’eleganza italiana era questa, nel 1960.

Se guardi, l’eleganza italiana è abborracciata, afosa, stanca e annoiata, decadente. Sono i grandiosi palazzi neoclassici in rovina di Palermo, le calli nebbiose di Venezia, il caos dei mercati rionali, l’annoiata immobilità di Roma tra cui guizzano menestrelli, battutari, faccendieri. Se oggi dovessi scegliere un punto di riferimento di sprezzatura o di eleganza italiana, non avrei dubbi.

Quindi non ti preoccupare: lo scopo di questa rubrica è imparare le regole per vestirsi da uomo, non come un pavone alla cresima. Abbi fiducia e sii paziente.

(Nota: dopo la pubblicazione, il contenuto del presente articolo è stato modificato in data 17 luglio 2019)

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L'autore: Nicolò Zuliani

Veneziano, vivo a Milano. Ho scritto su Men's Health, GQ.it, Cosmopolitan, The Vision. Mi piacciono le giacche di tweed.
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