Cartelle esattoriali nulle: quando non si devono pagare e perché

Pubblicato il 5 Dicembre 2019 alle 15:52 Autore: Claudio Garau

Cartelle esattoriali nulle: quali sono i vizi che possono far venir meno l’obbligo di pagamento da parte del contribuente?

Cartelle esattoriali nulle quando non si devono pagare e perché
Cartelle esattoriali nulle: quando non si devono pagare e perché

Le cartelle esattoriali – ovvero le cosiddette “cartelle di pagamento” indicate nelle leggi italiane di ambito fiscale – sono sempre qualcosa di sgradevole da ricevere a casa. Ma si sa, il Fisco deve far quadrare in conti, specialmente con i contribuenti non in regola con i versamenti. Non sempre tuttavia le cartelle esattoriali – pur notificate – vanno poi pagate: ecco di seguito perché.

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Cartelle esattoriali: cosa sono in sintesi

Preliminarmente, spendiamo qualche parola sul concetto di cartella esattoriale. In estrema sintesi, esse altro non sono che strumenti di riscossione tributaria, di cui la Pubblica Amministrazione si avvale per recuperare le somme di debito che i contribuenti hanno nei confronti di differenti enti impositori come, ad esempio l’Inps, il Comune o l’Agenzia delle Entrate. Tali cartelle sono però impugnabili: infatti, a seguito della notificazione, l’interessato avrà 60 giorni di tempo per fare ricorso. Superato il termine senza ricorso, la cartella in oggetto diverrà esecutiva e capace quindi di dispiegare tutti i suoi effetti.

Cartelle ed eventuali errori: contro quali vizi ricorrere?

In effetti, forse non tutti sanno che – in base alle stime – più dell’80% delle cartelle esattoriali emesse in Italia, contengono degli errori o vizi. In altre parole, sono da considerarsi nulle o annullabili e il debito in esse indicato, non va conseguentemente saldato (o va saldato in misura minore). Ma quali sono questi casi in cui scatta la nullità e pertanto la cartella va considerata priva di valore legale?

Un’ipotesi non rara è quella di cartelle contenenti cifre assolutamente sproporzionate e non corrispondenti all’effettivo debito con il Fisco, pendente sul contribuente. In queste circostanze, la cosa più opportuna da fare è rivolgersi ad un buon avvocato tributarista, in modo da fare ricorso alla Commissione tributaria ed ottenere – con tutta probabilità la riduzione dell’importo richiesto dallo Stato.

Fondamentalmente, un ricorso contro le cartelle esattoriali va fatto o quando la cartella contiene un errore talmente grave da essere nulla (e tale nullità va dichiarata da un organo giudicante) oppure quando contiene un’inesattezza che va corretta (ad esempio l’indicazione di una cifra di debito troppo alta).

I vizi su cui è possibile fare ricorso sono essenzialmente due: quelli sul merito, ovvero collegati alla sussistenza o meno della tassa da pagare e in quella cifra indicata, e vizi sulla forma, ovvero quelli correlati a qualche errore nella procedura o nell’osservanza delle regole di legge, finalizzate alla richiesta di pagamento al contribuente.

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Quattro vizi molto frequenti in tema di cartelle di pagamento

Venendo agli aspetti più pratici, ecco qualche caso frequente di cartelle esattoriali viziate ed impugnabili. L’errore più contestato è sicuramente quello inerente l’atto di notifica (vizio di forma), o meglio, il difetto di notifica. La legge, infatti, impone formalità procedurali da rispettare obbligatoriamente affinché la notifica si compia validamente.

Tra queste formalità c’è quella inerente all’obbligo di relata di notifica, scritta dal postino: essa va scritta in calce alle cartelle esattoriali e mai sul frontespizio, altrimenti scatterebbe la nullità dell’atto. Fonte di annullamento della cartella è anche la mancanza di una data leggibile della notifica dell’atto. Inoltre, la cartella di pagamento va sempre consegnata nelle mani dell’interessato o, in mancanza, in quelle di un familiare convivente o del portiere del palazzo.

La Corte di Cassazione, in un’ordinanza dell’anno scorso, ha stabilito che le cartelle esattoriali che non indicano il calcolo esatto degli interessi da applicare al contribuente, sono anch’esse da ritenersi nulle. La spiegazione è molto semplice: il difetto di tali informazioni non permette al privato contribuente di capire se il calcolo svolto dal Fisco è realmente corretto.

Altro caso non così raro in cui emerge il vizio o l’errore è la notifica della cartella di pagamento da parte chi non è legittimato per legge a farla. Infatti, le norme tributarie sanciscono tassativamente chi sono gli addetti autorizzati alla notifica: ufficiali della riscossione, agenti di polizia municipale e i messi comunali.

In conclusione, il quarto caso di vizio che porta a non dover pagare quanto indicato nella cartella, è quello legato alla mancanza di alcune informazioni fondamentali (ad es. causale delle somme pretese, generalità del contribuente, intimazione al pagamento, numero identificativo della cartella, anno e periodo di riferimento del credito ecc.), se non addirittura pagine essenziali alla corretta comprensione della pretesa tributaria da parte dell’Agenzia delle Entrate. Anche in questi casi, la conseguenza è la nullità con il conseguente venir meno dell’obbligo di pagare quanto indicato.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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