Concorsi pubblici: la bassa statura può essere motivo di esclusione?

Pubblicato il 18 Gennaio 2021 alle 05:37 Autore: Claudio Garau

Concorsi pubblici o presso aziende: la norma della selezione che prevede il requisito dell’altezza è sempre valida oppure va valutata in base alle mansioni?

Concorsi pubblici: la bassa statura può essere motivo di esclusione?
Concorsi pubblici: la bassa statura può essere motivo di esclusione?

Con una interessante ordinanza di quest’anno, la n. 7982 (qui il testo), la Corte di Cassazione chiarisce che se una procedura selettiva prevista dai concorsi pubblici o dalle selezioni aziendali richiede tra i requisiti una statura minima, è necessario sempre valutare se il requisito in questione è davvero determinante ai fini delle mansioni da svolgere. Vediamo allora più nel dettaglio che cosa ha statuito la Suprema Corte, a tutela dei diritti di coloro che intendono partecipare ad una selezione per accedere ad un nuovo lavoro.

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Il principio accennato è interessante perché tutela uomini e donne indistintamente, contro possibili violazioni del principio di uguaglianza laddove si tratti di prove selettive per l’accesso a ruoli della PA e in azienda.

In particolare, sono esaustive e chiare le parole usate da questo giudice per motivare quanto deciso nell’ordinanza in tema di concorsi pubblici e selezioni in generale: “in tema di requisiti per l’assunzione, qualora in una norma secondaria sia prevista una statura minima identica per uomini e donne, in contrasto con il principio di uguaglianza, perché presupponga erroneamente la non sussistenza della diversità di statura mediamente riscontrabile tra uomini e donne e comporti una discriminazione indiretta a sfavore di queste ultime, il giudice ordinario ne apprezza, incidentalmente, la legittimità ai fini della disapplicazione, valutando in concreto la funzionalità del requisito richiesto rispetto alle mansioni.”. In buona sostanza, non è la previsione in una norma ad essere di per sè determinante per l’esito della procedura di selezione, bensì la funzionalità del requisito delll’altezza – vagliata dal giudice – rispetto alle mansioni previste. In breve: se l’altezza è irrilevante ai fini del lavoro assegnato, non conta quanto si è alti o quanto si è bassi, a prescindere da una norma che fissa un’altezza minima.

La Corte di Cassazione, in verità, nel decidere sull’argomento della validità o meno del requisito dell’altezza per accedere o meno ad un posto di lavoro nei concorsi pubblici e selezioni aziendali, si allinea alla linea giurisprudenziale prevalente, che trova il suo riferimento essenziale in quanto indicato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 163 del 1993 secondo cui: “richiedere ai fini dell’assunzione un requisito di statura minima identico per gli uomini e per le donne viola in principio di eguaglianza sostanziale di cui agli art. 3 e 37 Cost., e dunque è causa di una discriminazione indiretta poiché svantaggia la donna in modo proporzionalmente maggiore rispetto all’uomo, in considerazione di una differenza fisica statisticamente ed obiettivamente dipendente dal sesso“.

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Concludendo, la eventuale norma che, in una qualsiasi selezione dei concorsi pubblici o in altre selezioni per un posto di lavoro, fissi il requisiti minimo dell’altezza, non va considerata valida ed applicabile a priori, bensì è necessario sempre valutare in concreto se il requisito è funzionale alle mansioni da svolgere, cioè se è proporzionale e pertinente. In caso contrario, il candidato sarà vittima di una discriminazione per violazione del principio di uguaglianza, contro cui potrà certamente ottenere tutela in tribunale.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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