La democrazia nei partiti: problemi e proposte

Pubblicato il 4 Maggio 2011 alle 23:28 Autore: Francesca Petrini
La democrazia nei partiti: problemi e proposte

Se diversamente ha agito il Costituente spagnolo del 1978, che – pur rifacendosi in larga parte al modello della legge fondamentale di Bonn del 1949 – ha recepito nell’articolo 6 il solo vincolo interno per i partiti e non il vincolo della “democraticità esterna” dei fini perseguiti (che a Bonn era stato costituzionalizzato dall’articolo 21) in polemica con il recente passato nazista e nel quadro anticomunista generato dalla Guerra fredda, proprio dopo la fine di questo conflitto, anche in Italia si riaccende il dibattito sulla vexata quaestio di normare alcuni aspetti dei diritti e doveri degli iscritti, così come alcune funzioni pubblicistiche dei partiti, al punto che, come se alla Costituente avesse prevalso la tesi mortatiana, si è parlato di “attuare l’articolo 49”. La ratio ultima di un tale dibattito inerisce la possibilità di dar luogo ad una efficace legislazione sulla democrazia interna ai partiti e sulla partecipazione dei cittadini alle scelte che li riguardano che, se non imposta dall’articolo 49 della Costituzione, è tuttavia coerente con la relativa insita finalità del libero associarsi dei cittadini in partiti, ovvero con la stessa funzione pubblica dei partiti volta alla “determinazione della politica nazionale” attraverso il concorso con metodo democratico. La domanda che ci si pone, nei termini del dibattito così come posto in Costituente, quanto mai attuale, è se possa darsi metodo democratico nell’attività esterna dei partiti laddove essi non hanno una struttura democratica della loro vita interna. Nodo dicotomico tra democrazia dei partiti e democrazia nei partiti che oggi, a fronte di una sempre più insistita richiesta sociale di regolazione, il legislatore è chiamato inesorabilmente a sciogliere.

Affinché i cittadini riescano davvero ad influenzare la politica nazionale, a concorrere a determinarla, occorre che le loro esigenze e le loro preferenze trovino una sede adeguata di ricezione e traduzione all’interno dei partiti. Pertanto, la proposta di legge su “democrazia interna dei partiti e disciplina delle elezioni primarie”, illustrato lo scorso 14 aprile da Walter Veltroni, Stefano Ceccanti e Salvatore Vassallo, intende rilanciare la funzione democratica dei partiti attraverso una disciplina giuridica che regolamenti “quelle attività del partito che più direttamente incidono sul funzionamento delle istituzioni, ovvero attraverso la disciplina delle procedure interne per la scelta dei candidati alle competizioni elettorali. Essa dunque non si propone di istituire un controllo sui fini dei partiti né sulla struttura sostanziale dei loro organi, ma propone un’esigenza di democrazia procedurale e di regole certe per la formazione di quella volontà politica che si esprime nell’azione esterna del partito e nello svolgimento della sua essenziale funzione pubblica. Con ciò non si pretende di ridefinire lo status giuridico dei partiti, ma semplicemente di legarlo in maniera più esplicita e stringente a requisiti democratici minimi che rendano effettiva quantomeno la contendibilità della leadership attraverso elezioni primarie.

Le primarie hanno suscitato opinioni contrastanti in ambito politico, così come in quello accademico: molti hanno richiamato i rischi di plebiscitarismo delle primarie, altri hanno sottolineato il pericolo di indebolimento dei partiti a fronte di un effetto personalizzante delle primarie. Tuttavia, accanto a tanto scetticismo, al fine di evitare l’imposizione di candidati “dall’alto”, senza una verifica reale della loro rappresentatività, molti hanno sottolineato le potenzialità dello strumento primarie come modalità partecipativa alla vita politica che trova seguito fra i cittadini e che, soprattutto, consente di rinnovare quei meccanismi di rappresentanza politica che, sempre più ostaggio di pratiche  trasformistiche, hanno di fatto allontanato i cittadini dalle istituzioni. Le primarie non sono un fatto puramente tecnico, ma al contrario un procedimento significativamente politico. Rappresentano un nuovo rapporto di responsabilità civile e partecipazione politica, basati su di un metodo semplice, trasparente, democratico, che garantisce una sana competizione elettorale, tra persone, proposte ed idee.

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L'autore: Francesca Petrini

Dottoranda in Teoria dello Stato e istituzioni politiche comparte, si è laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali ed ha conseguito il titolo di Master di II livello in Istituzioni parlamentari per consulenti d´Assemblea.
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