19 Luglio, vent’anni di antimafia

Pubblicato il 19 Luglio 2012 alle 14:42 Autore: Andrea Iurato

I mafiosi volevano trattare con lo Stato per diminuire la forza del 41 bis? Questo regime carcerario fu ritenuto, dal Comitato Europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani, il più duro tra tutti quelli applicati nei Paesi da esso esaminati. In sostanza il detenuto è completamente tagliato fuori dalla vita esterna tanto da fargli avere allucinazioni e problemi psico-fisici permanenti. Per questo motivo è stato ucciso Borsellino? Lo Stato tentennava e quindi la mafia ha voluto dare prova che non scherzava? Ma se lo Stato tentennava vuol dire che qualcuno si era messo in contatto con esso. E chi? Quando ? Come? Che fine ha fatto l’agenda rossa che Borsellino teneva gelosamente e nella quale appuntava tutti i suoi pensieri e le sue paure? Chi gli stava accanto disse che nei due mesi che separarono la sua morte da quella di Falcone egli ripetesse come un mantra “non c’è tempo, non c’è tempo, devo fare presto”.

Sapeva che di lì a poco sarebbe toccato a lui e non si dava pace di dover lasciare incompiuto il suo lavoro, certo che se avesse avuto più tempo gran parte della cupola mafiosa sarebbe stata distrutta una volta e per sempre. Il 19 luglio è il giorno adatto per ricordare tutti coloro che sono caduti per mano delle mafie: camorra, ‘ndrangheta, sacra corona unita e mafia siciliana da troppo tempo insanguinano l’Italia. La insanguinano talmente tanto che sono stati creati nel nostro Paese i reati di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio. Cosa vuol dire? Vuol dire che senza una riforma seria della classe dirigente, che troppo spesso ha sopportato e supportato la mafia, noi non potremo essere sicuri di sconfiggere le mafie. Senza una seria legge che imponga ai partiti l’incandidabilità di coloro che hanno subito condanne, di coloro che sguazzano nelle zone grigie del nostro Paese, di coloro che pensano a se stessi e non al bene comune, le mafie prolifereranno sempre. Si possono arginare, ma se chi ci governa è colluso non si potranno estirpare. Uso proprio questo termine, estirpare: Nicola Gratteri, magistrato calabrese che vive da più di vent’anni sotto scorta essendo uno dei più accaniti giudici che lottano contro l’’ndrangheta ha scritto vari libri a quattro mani con Antonio Nicaso, uno tra i maggiori esperti di ‘ndrangheta a livello internazionale. Uno di questi si intitola “La mala pianta”. Parla del radicamento che la mafia calabrese ha nel nostro Paese e di come essa sia riuscita a proliferare con l’aiuto della classe dirigente e dell’omertà. La mafia è una mala pianta. E siamo noi a doverla estirpare.

Viva la Sicilia, Viva l’Italia, Viva Falcone, Viva Borsellino.